Il carcinoma mammario è una delle neoplasie più diffuse nel mondo, prima causa di morte per tumore nella donna. Si caratterizza per una notevole varietà delle modalità di presentazione oltre che del grado di aggressività. In Italia si stima un numero di circa 40.000 nuovi casi. Nel complesso, una donna su 8-10 si ammala di carcinoma mammario nel corso della propria vita.

I fattori eziologici sono in gran parte sconosciuti. Le grandi differenze internazionali di incidenza e la loro evoluzione nel tempo, in particolare l'incremento che si registra nei soggetti che migrano da zone a bassa incidenza verso zone ad alta incidenza, suggeriscono l'esistenza di fattori ambientali e quindi, come tali, parzialmente prevenibili.

E' noto da tempo che la presenza di un familiare di primo grado ammalato di carcinoma della mammella comporti un rischio doppio rispetto alla popolazione generale, rischio ancora più elevato in presenza di due familiari ammalatisi entro i 45 anni d'età. Responsabili di tale predisposizione sarebbero mutazioni coinvolgenti il gene BRCA-1 localizzato sul cromosoma 17, e il gene BRCA-2 localizzato sul cromosoma 13. I fattori riproduttivi rappresentano i fattori di rischio più studiati in passato. Il rischio per carcinoma mammario appare inversamente correlato all'età della prima gravidanza e al numero di gravidanze a termine, probabilmente per il potente stimolo differenziativo che ciascuna gravidanza, esercitata sull'epitelio ghiandolare mammario, riducendone la suscettibilità alla trasformazione.

L'allattamento sarebbe anch'esso associato ad un rischio ridotto, mentre menarca precoce e menopausa tardiva corrisponderebbero a una maggiore durata della vita riproduttiva e, di conseguenza, a una più lunga esposizione dell'epitelio ghiandolare agli stimoli proliferativi degli estrogeni ovarici. Infine, un ruolo chiave è svolto dall'obesità che è correlata ad una maggiore insorgenza del tumore della mammella.

Iperespressione di HER2

Il 20-25% dei tumori mammari esprime HER2, Human Epidermal Receptor, una porta di ingresso nella cellula e recettore al quale possono legarsi alcune sostanze circolanti nel corpo umano, attivandolo e scatenando la proliferazione cellulare. Questo recettore può essere iperespresso (ce ne saranno molti di più sulla membrana cellulare rispetto alla normalità) e la sua iperespressione è dovuta a mutazioni genetiche tipiche della cellula tumorale.

I tumori che esprimono HER2 tendono a essere scarsamente sensibili alla terapia ormonale, in particolare al tamoxifene, ma responsivi alle terapie con farmaci a bersaglio molecolare diretti contro il recettore stesso. Il farmaco fino ad ora registrato e utilizzato per l'impiego adiuvante è il trastuzumab, anticorpo monoclonale diretto contro il dominio extracellulare del recettore HER2, somministrato dopo la chemioterapia per limitare l'effetto cardiotossico e per almeno un anno in modo da ridurre il rischio di recidiva di un ulteriore 45-50%.

Cos'è Pertuzumab?

La Food and Drug Administration ha approvato un nuovo anticorpo monoclonale per il trattamento dei pazienti affetti da tumore della mammella HER2 positivo, localmente avanzato o infiammatorio.

Pertuzumab (Perjeta) sarà usato in combinazione con il Trastuzumab (Herceptin) e la chemioterapia come terapia adiuvante per pazienti con tumore HER2 positivo in fase iniziale (early breast cancer, sia superiore a 2 cm di diametro, sia con invasione linfonodale). Lo studio, multicentrico, randomizzato in doppio-cieco ha incluso 4804 pazienti che sono stati seguiti per 45.4 mesi. Gli effetti collaterali sono stati diversi e includono diarrea, nausea, alopecia, astenia, neuropatia, neutropenia, febbre e anemia. Pertuzumab può essere somministrato alla dose di 840 mg iniziali, per 60 minuti, seguiti da 420 mg ogni 3 settimane, con infusione tra 30 e 60 minuti.