La scoperta della struttura dell'Acido Desossiribonucleico (DNA), fatta da James Watson e Francis Crick nel 1953, è stata una delle più grandi rivoluzioni nella storia dell'umanità. Il DNA è fondamentale in quanto è presente in tutte le cellule di ogni essere vivente, definendo le strutture e le peculiari funzioni che i tessuti e gli organi devono possedere. La prima applicazione pratica della scoperta emerse negli anni '70, quando alcuni scienziati riuscirono a spezzare le molecole di DNA per estrarne segmenti (i geni), per poi trapiantarli in molecole di DNA di altri organismi.
Gli anni '80 invece, sono stati spettatori dei più incredibili esperimenti di ricerca, che combinavano geni umani con quelli di piante ed animali, cosa che creò un grande dibattito nell'opinione pubblica.
Negli anni '90, il progetto 'The Human Genome Project', portato avanti negli Stati Uniti e dichiarato concluso nel 2000, corrisponde ad un periodo di enorme crescita nelle biotecnologie. Durante il programma finanziato dal governo statunitense, ricordiamo per esempio, l'esperimento della 'pecora Dolly', il primo mammifero clonato da una cella somatica di una pecora adulta, o la riuscita nell'isolare delle cellule staminali umane prese da un embrione.
Tutte queste innovazioni sollevarono numerosi problemi etici, dando vita al campo della bioetica, necessario per discutere fino a che punto poter usare queste tecnologie e in che modo.
Infatti, mentre le innovazioni tecniche sviluppate nel passato hanno condizionato l'ambiente esterno in cui un uomo si trovava a vivere, le biotecnologie ricercano come trasformare gli individui dall'interno.
Dal punto di vista etico, il problema maggiore consiste nel capire se l'oggettivazione di un uomo possa sussistere e se il libero arbitrio dell'individuo che possegga un genoma modificato artificialmente possa dirsi rispettato.
La differenza tra Eugenetica Negativa e Positiva
Il filosofo Jurgen habermas, nel 2001, scrive il libro 'Il futuro della natura umana', nel quale sancisce per la prima volta la differenza tra eugenetica negativa, ovvero quella riguardante l'uso delle biotecnologie con il fine di ristabilire uno stato di salute normale nell'individuo, dall'eugenetica positiva, la quale si propone invece di studiare come migliorare 'la specie umana' in sé, con un intento ottimistico e volto al progresso di intere generazioni di soggetti.
Habermas argomenta come la ricerca nel campo dell'eugenetica positiva metta in contrasto i diritti di due parti: i genitori, i quali scelgono di sottoporre il proprio embrione ad una modificazione genetica e il libero arbitrio del nascituro stesso. L'eticista sostiene che l'influenza che i genitori possono esercitare sul figlio deve essere relegata all'educazione e al normale condizionamento sociale, poiché tutti gli insegnamenti e i valori trasmessi sono per il figlio un elemento esterno, dal quale il figlio può sempre decidere di staccarsi e di non essere condizionato.
Nel caso opposto, ovvero nel momento in cui i genitori decidano, per esempio, di fare una selezione tra i propri gameti (spermatozoi ed ovuli) da far unire, essi sarebbero colpevoli di condizionare in modo definitivo la vita dell'individuo che sta per nascere.
Il cambiamento a livello genetico corrisponderebbe inevitabilmente anche ad un cambiamento a livello fenotipico del soggetto. Habermas continua con il dire che, delineando permanentemente il DNA di un soggetto, esso avrà di conseguenza una manifestazione fenotipica, che ovviamente cambierà il corso della vita del soggetto a cui è stato modificato il genoma. In questo modo, questo uomo, sostiene il filosofo, sarà derubato della fondamentale consapevolezza per l'uomo di derivare da una pura casualità.
Il suddetto concetto è meglio espresso se si considera lo sviluppo dell'uomo durante la sua vita, nel quale è basilare un processo di definizione del proprio essere e di crescita personale. Infatti, ipoteticamente, un ragazzo le cui caratteristiche come memoria, vista o semplicemente estetica, decise in precedenza dai propri genitori, potrebbe trovare delle difficoltà nella ricerca di se stesso e nel capire che ruolo vuole avere nella società.
La capacità di diventare 'se stesso' sarebbe permanentemente compromessa. Secondo Habermas, la casualità della natura garantisce la libertà dello 'spirito' del bambino venuto al mondo, sottolineando come ognuno debba essere e sentirsi completamente padrone del proprio destino.
L'eugenetica positiva dal punto di vista sociale: il pensiero di Fukuyama
Un altro autore che ha espresso dei dubbi circa la possibilità di una ricerca senza limitazioni nel campo dell'eugenetica positiva è l'economista Francis fukuyama, il qualem nel 2002, ha scritto un libro intitolato 'Sul nostro futuro post-umano'. Egli considera il problema da un punto di vista più pragmatico e sociologico, adducendo dei dubbi su come potrebbe evolversi la società nel caso in cui i genitori e gli studiosi avessero piena facoltà di modificare il genoma dei feti.
Egli prospetta un futuro che nel giro di un paio di generazioni subirebbe delle modifiche molto importanti nelle dinamiche sociali: infatti, seguendo il suo ragionamento, si verrebbe a creare una classe di uomini più dotati le cui caratteristiche mentali e fisiche sarebbero oggettivamente superiori alla media delle persone nate dal caso della procreazione naturale.
Di conseguenza, egli sottolinea il proprio timore dal punto di vista economico e sociale, in quanto si formerebbero due gruppi di persone, i 'super-umani' modificati geneticamente e le persone 'normali'. Il punto focale del discorso dell'economista riguarda la considerazione che nelle società occidentali, e generalmente anche nei Paesi in via di sviluppo, l'assunto fondamentale è che ogni membro del gruppo sociale possiede uguali diritti e uguale dignità.
Nel caso in cui, però, si venisse a creare un categoria di persone con caratteristiche nettamente superiori alla media, si formerebbero inevitabilmente delle disuguaglianze e delle discriminazioni impossibili da livellare. Pensando, per esempio, al dover decidere chi sottoporre ad un intervento chirurgico in caso di scarse risorse, ovviamente sarebbe più probabile che l'individuo la cui memoria e i cui studi, e i cui risultati a livello di carriera, superano (molto probabilmente) quelli di una persona 'normale', abbia la priorità ad essere sottoposto all'operazione chirurgica o sia più alto nella lista di attesa per la ricezione di organi.
Conclusione
Le posizioni che assumono i vari studiosi del campo – sia coloro impiegati nello sviluppo tecnico di nuove biotecnologie sia i bioeticisti – sono oggetto di dibattito a cui non si è ancora trovata una risposta definitiva.
La situazione attuale non permette il libero impiego delle cellule staminali provenienti da embrioni e sicuramente la modificazione del genoma di un embrione è ancora molto lontana dall'essere un'idea generalmente accettata dall'opinione pubblica. Nel futuro, però, tutto può avvenire, e le idee possono cambiare in base agli argomenti addotti e al pensiero che avranno le generazioni future.