La vita di Alex è diversa da quella degli altri bambini. A 11 anni, non può correre e giocare, né tanto meno esporsi al sole per troppo tempo, perché il suo fisico è incapace di sopportare il calore e la luce. Infatti il suo corpo non è in grado di regolare la temperatura che, quando si alza troppo, può arrivare a mettere in pericolo la sua vita. Il piccolo soffre di una malattia genetica molto rara, che colpisce la pelle ed altri organi. Il suo nome è XLPDR, che sarebbe l’acronimo di “Disordine reticolare della pigmentazione connesso al cromosoma X’’.

Il suo è l’unico caso di cui si ha notizia in Italia, mentre nel resto del mondo sono note altre 21 persone che ne soffrono. Di loro si occupa il documentario di Kemal Comert “Pensavo di essere diverso”, che si propone di far conoscere la malattia, le storie dei pazienti e le battaglie delle loro famiglie.

Nel documentario il racconto di Alex

Nel cortometraggio Alex si racconta in prima persona. Il bimbo parla dei suoi ricoveri in ospedale, più di 60. Il piccolo descrive in modo semplice la sua malattia con le macchie sulla pelle, gli occhi molto sensibili, che non vedono bene, si seccano facilmente e a volte fanno male, e soprattutto la mancanza di sudore, che lo porta a scaldarsi facilmente.

“Se non sto attento muoio” dice al regista che gli chiede anche se si senta diverso dai suoi coetanei.

Alex gli risponde di no, ma è costretto ad ammettere di provare dispiacere ogni volta che la malattia rara lo obbliga a doversi fermare e non poter tornare a giocare quando si scalda. Poi racconta di due compagni non gli si avvicinavano troppo perché temevano che fosse contagioso: ma è bastata la sua spiegazione a convincerli, dopo un po’, che si stavano sbagliando.

Le difficoltà vissute dalla famiglia di Alex

Patrizia, la mamma di Alex, spiega come nessun medico riuscisse a capire di cosa soffrisse il bambino. Un calvario durato tre anni, con due ricoveri in rianimazione, diverse infezioni respiratorie, le macchie sulla pelle trattate come una comune dermatite. Alla fine è arrivata la diagnosi di XLPDR, grazie ad un dermatologo che ha notato sul volto diversi sintomi caratteristici della malattia.

Ma i problemi non sono terminati in quel momento, visto che nessuna struttura sanitaria in Italia si era mai occupata di quella patologia. Finalmente, dopo diverse ricerche, la famiglia – che risiede in provincia di Como – ha trovato un nosocomio disposto a prendersi cura del piccolo, l’Ospedale Infantile Burlo Garofalo di Trieste, che tuttora lo assiste.

Patrizia nel frattempo si è data da fare: ha creato una pagina Facebook ed un’associazione mondiale, la XLPDR International Association Onlus, per offrire un supporto alle famiglie dei malati. È stata anche contattata da un genetista del Texas, Andrew Zinn, che studia la XLPDR e nel 2016 ha scoperto il gene responsabile: un passo fondamentale per poter sperare in una futura terapia, anche se i costi della ricerca, con così pochi pazienti nel mondo, sembrano proibitivi.

Qualche mese fa il regista Kemal Comert ha contattato la famiglia del bambino, dopo aver conosciuto la sua storia, con l’idea di realizzare il documentario, per rendere nota a quante più persone possibili una patologia di cui anche gli stessi medici spesso sono all’oscuro. “Ognuno di noi è diverso – spiega con grande profondità Alex nel documentario – non esiste la perfezione, ma ci siamo noi con le nostre diversità”.