Nuova regola sperimentale quella che si sta vedendo sui campi dei tornei ATP di Halle e del Queen's per quanto riguarda il calcolo del tempo tra un servizio all'altro. Il cosiddetto "shot clock" di 25 secondi parte da quando è finito il punto precedente e non da quando il giudice di sedia annuncia il punteggio. Un'ulteriore riduzione dei tempi di recupero per i giocatori, in un Tennis moderno che va sempre più veloce rispetto al passato.
La regola sperimentale dei 25 secondi tra la fine di un punto e l'inizio di un altro
Giova sottolineare, innanzitutto, come di fatto non esista una norma univoca, visto che i giudici di sedia applicano questa regola in maniera piuttosto soggettiva: c'è chi è intransigente e fa partire subito lo "slot clock", chi invece è un po' più morbido nell'applicazione del regolamento, specialmente dopo un punto particolarmente lottato, dal quale i due giocatori ne sono usciti provati dal punto di vista fisico. Nei tornei di Halle e del Queen's, invece, si sta sperimentando la partenza automatica dello "shot clock", esattamente alla fine del punto precedente.
Un esperimento che, da una parte, ha lo scopo di evitare la "discrezionalità" e la soggettività del giudice di sedia, dall'altra intende ridurre ancora di più le pause tra un punto e l'altro.
Non a caso l'esperimento riguarda due tornei che si disputano sull'erba, dove la durata degli scambi è decisamente ridotta rispetto ad altre superfici, come la terra battuta, dove i punti sono molto più combattuti. Sull'erba, ad esempio, la percentuale di "ace" è più alta rispetto alla terra rossa o comunque è più alta la percentuale dei cosiddetti "servizi vincenti".
Questa regola sperimentale dei 25 secondi tra la fine di un punto e l'inizio di un altro comincia a essere di difficile applicazione nei tornei sulla terra rossa: proviamo a immaginare, ad esempio, un torneo del Roland Garros, giocato al meglio delle cinque partite, con scambi estenuanti tra i due giocatori.
È chiaro che 25 secondi di recupero, tra un punto e l'altro, diventano francamente pochi. Lo stesso discorso vale per gli altri due tornei dello Slam che si giocano sul cemento, vale a dire gli Australian Open e Flushing Meadows. Per ora si tratta solamente di un esperimento e la ragionevolezza imporrebbe una diversa applicazione da superficie a superficie. Anche perché chi segue il tennis sa benissimo che i ritmi di gioco, divenuti ormai velocissimi, mettono a dura prova l'integrità fisica di un giocatore. Si gioca già molto a tennis durante l'anno e gli infortuni sono dietro l'angolo. Se poi si vuole togliere ai giocatori la possibilità di recuperare, si rischia di far diventare il tennis uno sport da robot.