Il capitolo legato alla fiscalità si arricchisce in questo 2014 di nuovi importanti spunti: dopo l’avvio dell’esperimento Super anagrafe, prende ufficialmente il via l’ennesimo tentativo di lotta all’evasione fiscale camuffato stavolta sotto le mentite spoglie di uno strumento a disposizione dei contribuenti da doversi utilizzare su base volontaristica.



Stiamo parlando dell’autodenuncia volontaria, un meccanismo grazie al quale il fisco punta a recuperare gli enormi capitali esteri detenuti illegalmente dai nostri connazionali: le ultime cifre diffuse in merito dalla Banca d’Italia parlano di oltre 200 miliardi di euro, ma i precedenti tentativi portati avanti da Giulio Tremonti (che prometteva fuoco e fiamme) sono caduti nel vuoto, con la conseguenza che i capitali esteri sono rimasti dov’erano e gli ignoti titolari hanno felicemente mantenuto l’anonimato.

Ecco allora l’autodenuncia volontaria, una sorta di spontanea confessione che non si tradurrebbe comunque in un condono ma che produrrebbe sanzioni amministrative ridotte al minimo. I capitali esteri rientreranno dunque in Italia? In attesa di scoprilo cerchiamo di capire come funziona l’autodenuncia volontaria e che conseguenze comporta.

Capitali esteri, al via l’autodenuncia volontaria: funzionamento, tassabilità dei redditi, sanzioni e prescrizione

Partiamo col dire che lo strumento in questione non rappresenta di certo un’esclusiva italiana: Usa, Gran Bretagna, Germania e Francia hanno infatti già lanciato simili meccanismi con alterne fortune; autodenunciare i propri capitali all’estero significa confessare di detenerne illegalmente certe quantità in un dato paese, ma il tutto deve essere spontaneo e deve dunque riguardare capitali esteri sui quali non sia in corso alcuna procedura di accertamento. A completare il quadro la totale rinuncia all’anonimato.



Per capitali esteri si intendono contemporaneamente beni e attività finanziarie possedute all’estero, ed autodenunciarne l’esistenza significherebbe ottenere la tassazione integrale dei redditi precedentemente ‘strappati’ al prelievo impositivo più la piena tassazione dei redditi originati dalle ricchezze detenute all’estero. Le sanzioni amministrative sarebbero ridotte al minimo, mentre da un punto di vista penale il reato decadrebbe interamente a patto però che si palesino esclusivamente infedeltà o omissione della connessa dichiarazione: in caso di false fatturazioni si avrebbe invece a che fare con una sanzione penale ridotta di circa la metà.



Il via al meccanismo dell’autodenuncia certifica la mission impossibile in cui il governo si è ormai fiondato a capo chino nel tentativo di sconfiggere l’evasione fiscale: quello connesso al recupero dei capitali esteri è del resto l’ultimo tentativo in ordine di tempo condotto nella lotta all’evasione, basti pensare all’innovativa previsione introdotta in tema di detrazioni fiscali IRPEF - chiunque vanterà crediti superiori a 4.000 euro non potrà ricevere in automatico i rimborsi ma dovrà attendere una verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate - o alle nuove norme sulla compilazione dell’ISEE, all’interno del quale da quest’anno bisognerà conteggiare quasi ogni tipologia di reddito maturato (anche quelle prima escluse dalla certificazione).



Tempi duri insomma per ‘furbetti’ ed evasori, resta adesso da capire quanto possa effettivamente incidere il meccanismo dell’autodenuncia sul rientro dei capitali esteri. I prossimi mesi saranno maggiormente indicativi.