Il Rapporto sul coordinamento della Finanza Pubblica 2018 della Corte dei Conti, appena reso disponibile per la consultazione sul sito istituzionale della magistratura contabile, pone di fronte all'opinione pubblica e ancora di più di fronte al Governo M5S - Lega guidato da Giuseppe Conte e dai Vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini un interrogativo estremamente delicato: l'introduzione della flat tax sarebbe di reale beneficio per la maggioranza dei contribuenti italiani?

Infatti, secondo i dati del Rapporto, elaborati dall'agenzia di stampa Adnkronos, circa 32 milioni di contribuenti dichiarerebbero un reddito annuo tale da trovarsi già ora sotto la probabile soglia di imposizione della tassa piatta.

I dati del Rapporto della Corte dei Conti

Scendendo più nel dettaglio dei dati contenuti nel Rapporto della magistratura contabile si nota come poco più di 17 milioni e mezzo di contribuenti dichiari un reddito lordo annuo inferiore o pari a 15 mila euro. Di conseguenza, questi contribuenti pagano già un Irpef del 5,2%. Lo scaglione di reddito appena successivo, quello cioè tra 15 mila e 28 mila euro lordi annui, nell'attuale situazione paga un'imposta sul reddito delle persone fisiche in media del 14,4%.

Tali percentuali di Irpef netta derivano, come fa notare il rapporto della Corte dei Conti, dal fatto che tali contribuenti sfruttano i benefici derivanti dalla selva di deduzioni e detrazioni fiscali in vigore nel nostro Paese e che il Governo avrebbe intenzione di rimodulare in qualche modo. Le tax expenditures hanno totalizzato quest'anno, infatti, quasi 107 miliardi e mezzo di euro. E quelle relative ai soli due scaglioni succitati hanno consentito detrazioni e deduzioni per circa 67 miliardi di euro.

Le conclusioni della magistratura contabile

Limitando l'esemplificazione ai soli due scaglioni succitati, le cui aliquote legali sono il 23% e il 27%, la Corte dei Conti arriva ad affermare che l'introduzione della flat tax potrebbe avere come conseguenza diretta una riduzione del grado di progressività.

Non solo, ma secondo la magistratura contabile vi potrebbe essere anche una perdita di gettito effettiva. Di conseguenza, l'esortazione per il Legislatore è quella di valutare attentamente questi due aspetti prima di decidere per l'introduzione nel nostro ordimamento della tassa piatta.

Dall'elaborazione effettuata dall'AdnKronos si nota, poi, come anche per gli scaglioni di reddito più alti vi sia una netta differenza fra aliquota legale dell'Irpef e quella effettivamente versata nelle casse erariali. Infatti, mentre per lo scaglione tra 28 mila e 55 mila euro la soglia legale si attesta al 38%, l'aliquota media effettiva d'altra parte è del 21,4%. Lo stesso dicasi per lo scaglione successivo, quello tra 55 mila e 75 mila euro. Anche qui, benché la aliquota legale Irpef sia fissata al 41%, quella media effettiva versata allo Stato è stata pari al 27,4%. Infine anche per lo scaglione più alto, quello oltre 75 mila euro di reddito annuo, dove l'aliquota legale è al 43%, quella effettivamente versata allo Stato è quasi 10 punti percentuali più bassa e pari al 33,2%. Anche se, tra le ipotesi di riforma allo studio da parte dei tecnici del Governo vi è la riduzione da cinque a tre delle aliquote Irpef, l'interrogativo circa i reali benefici dell'introduzione della flat tax rimane e abbisogna di una risposta urgente.