Era il 2010 quando Mark Zuckerberg, tronfio dei successi ottenuti grazie alla sua creatura Facebook, affermò: "L'era della privacy è finita", sottolineando il cambio d'opinione degli utenti sulla condivisione di dati e documenti personali sui social networks. E aggiunse: "Sei anni fa la maggioranza delle persone non voleva nessuna informazione su di loro sul web". Queste affermazioni sono sufficienti per comprendere quanto Facebook abbia radicalmente cambiato il mondo nel giro di pochi anni.

La gente oggi condivide giga di foto e video personali sul web.

Numerose notizie circolanti sul social network più amato al mondo sono spesso considerate veritiere, partendo da un presupposto sbagliato: se sono online, sono verificate da Facebook. Niente di più falso. Basti vedere le dure accuse di condizionamento dell'opinione degli elettori che il social network di Mark Zuckerberg ha ricevuto durante le ultime elezioni americane. Oggi i social network hanno un potere enorme, spesso incontrollato: spostano voti, informano, cambiano o formano l'opinione pubblica. Un ruolo importante, quindi, che necessita di un controllo accurato sulla qualità dei suoi contenuti nel rispetto degli utenti. Purtroppo, molti dei problemi di Facebook sono stati causati, direttamente o indirettamente, da alcune decisioni aziendali, spesso più orientate al marketing che al miglioramento dell'esperienza social.

L'apertura di Facebook a siti e fonti esterne senza i dovuti controlli di qualità

Nel 2008 Facebook aprì i suoi codici a tutte le realtà presenti sul web, questo permise a siti esterni di fornire diversi servizi ai propri clienti mediante Facebook. Milioni sono i siti che, oggi, ci permettono di effettuare un login utilizzando il proprio account Facebook.

Quasi tutti gli istituti pubblici e privati posseggono un profilo o una pagina Facebook per comunicare con i propri clienti.

Il risultato di queste politiche di apertura fu l'incremento di iscritti al social di Zuckerberg, che potè vantare un miliardo di utilizzatori nel mondo in poco tempo. Successi che portarono la società, in un periodo di profonda crisi economica americana, ad essere quotata in borsa nel 2012.

Pubblicità, profilazione e fakenews

Numerosi algoritmi di profilazione degli utenti, basati anche su sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale, vennero forniti ai profili business operanti su Facebook, per aiutarli ad indirizzare le proprie pubblicità a pagamento verso il target giusto. Da quel momento molti furono anche gli usi di Facebook non proprio corretti. Numerosi siti online iniziarono a forzare i propri clienti a mettere dei like sui contenuti bloccati per averne accesso (il famoso "Like gate", funzionalità successivamente disattivata).

Di certo, milioni sono state le aziende che hanno sfruttato Facebook per ottenere profitti, anche al costo di fornire servizi di scarsa qualità o informazioni infondate.

Tra queste le testate pseudo-giornalistiche, che sfruttando la voglia insana di sensazionalismo insita in molti di noi, sfornano ogni minuto notizie, spesso non veritiere o con titoli fuorvianti, che ingannano gli ignari lettori.

I controlli sulla fondatezza di tali notizie sono sempre stati troppo ridotti. In fin dei conti, molte di queste testate hanno prodotto grossi guadagni a Facebook mediante la pubblicità a pagamento. Inoltre, questi profili, seppur non affidabili, contano milioni di iscritti, gente che non può fare a meno di quelle pseudo-notizie.

Quanto possono essere affidabili i sondaggi sulle fonti?

I sondaggi sull'affidabilità delle fonti potrebbero essere fuorvianti se gli utenti interrogati non saranno campionati in modo omogeneo: Mark Zuckerberg ha dichiarato che gli utenti saranno interrogati sulla affidabilità delle testate "giornalistiche" che operano su Facebook ma questa decisione potrebbe essere un'arma a doppio taglio, visto che se non ben campionati gli utenti da interrogare i risultati di tali studi potrebbero essere sorprendenti.

In conclusione, molte sono le colpe di Zuckerberg sullo stato di salute preoccupante del suo social network. Sperando che le prossime iniziative aiutino a ridurre il fenomeno delle notizie false, a lungo foraggiato dallo stesso Facebook, ci auguriamo che anche altri fenomeni ben più gravi vengano un giorno seriamente presi in considerazione dal CEO di Facebook. Due fra tutti, la dipendenza dai social ed il grave fenomeno di "Like-addiction".