E poi vi sono quelle volte.

Quelle volte in cui non hai la forza di essere e di diventare.

Quelle volte in cui preferiresti fosse il mondo a decidere per te.

Quei momenti in cui vorresti tornare bambino e tenerti la palla, che a quell'altra palla, a quel mondo troppo grande, saranno i grandi a pensarci.

La potevi abbracciare con le braccia e avvicinarla al petto.

Bagnata dalla pioggia o dal fango, bucata, la stringevi in tutti i modi e non ti importava che gli altri vedessero un pallone intriso di fango, perché tu vedevi un tesoro, il tuo tesoro intriso di fango, e allora, ti importava solo di ciò che pensavi tu.

Chi se ne importa degli altri?

Allo scoccare delle quattro del pomeriggio scendevamo tutti in giardino.

Fino ad un momento prima ci sfracellavamo il cervello con i famigerati "compiti per casa".

Sì, perché a quel tempo eravamo dei tuttologi, dei 'dilettanti per professione' , studiavamo, si fa per dire, tutto: storia, italiano, francese, matematica (di tutto e di più!) e se c'era qualche altra materia di nuova invenzione perché non farla studiare ai futuri adulti di domani?

"Devi essere pronta al domani" mi dicevano.

"Devi essere pronta al mondo".

"Verrà il giorno in cui ti lascerai sfilare dalle braccia il tuo tesoro intriso di fango e ne avrai per le mani uno nuovo di zecca, un mondo incravattato e senza scarpe sporche".

E a me quello scenario non piaceva proprio, non mi attirava per niente e ai miei occhi pareva una delusione.

Un po' come quando andate a casa della nonna a pranzo e vi aspettate un piatto di lasagne stratosferico ed invece, distruggendo qualsivoglia aspettativa, la nonna ha deciso di iniziare, proprio quel giorno, quella famigerata dieta che avrebbe dovuto iniziare cinquant'anni prima e così voi, poveri sfortunati, vi ritrovate a guardare quel piatto misto di verdure con sguardo sospettoso, quasi foste davanti alla prima di una lunga e inattesa serie di sconfitte.

E ditelo che il mondo è così grande, ditelo che non si può abbracciare e avvolgerlo con sicurezza ma che lo si può soltanto tentare di acchiappare di tanto in tanto con estrema riverenza e attenzione.

Ditelo che tentando di stringerlo al petto, la maggior parte delle volte lo vedrete scivolarvi dalle mani, quasi fossero intrise di sapone!

Ma dite anche che, tutte quelle volte, in quell'abbraccio disperato potreste trovare voi stessi.

E dite anche che, in quel mondo incravattato e senza scarpe sporche, potreste ritrovarvi calciando il pallone di un bambino per strada.

E vi potrebbe salire anche la voglia di giocare con lui.

Che ti importa dei vestiti buoni? Avrai, anche solo per un momento, il tuo tesoro intriso di fango.