Era nata a Londra nel 1955 l’ attraente attrice, ritenuta la prima “lolita” del Cinema erotico italiano. Scomparsa a 62 anni per un cancro, divenne popolare grazie ad una sua foto senza veli, comparsa sulla copertina di Playman nell’ottobre del 1973. Il suo volto di adolescente sensuale e uno spirito libero, fu immediatamente notato da importanti registi e produttori come Alberto Lattuada che, le apri le porte alla sua carriera cinematografica facendole interpretare il ruolo di Clotilde nel film “Le farò da padre” con Gigi Proietti. Nel 1976 ottiene una scrittura da Tinto Brass, nel film “Salon Kitty”, storia basata su di una casa d’appuntamenti di Berlino, che in realtà è un centro di spionaggio.

L’avventura con il padre della cinematografia erotica italiana si ripete nel 1979, quando interpreta Drusilla nel film “Io Caligola”. Questa pellicola è ritenuta uno dei film cult più ambigui, e per questo motivo in alcuni Paesi è vietato. Invero alla versione originale, furono aggiunte delle scene dirette da Giancarlo Lui. Questa nuova trasposizione, prodotta dal magazine Penthouse e Franco Rossellini, innescò un furioso litigio con Tinto Brass che, fu escluso dal montaggio e ne rinnegò la paternità. Successivamente la Savovy interpreta film impegnati lavorando accanto ad importanti attori ed attrici, come Stefania Sandrelli nel film “La disubbidienza” (1981), Alessandro Haber nel film “Innocenza” (1986), Robert Pawoll nel film “D’annunzio” (1987).

Anche la televisione si accorge delle sue attraenti capacità . Teresa Savoy interpreta ruoli in vari sceneggiati come: “La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa”, “La certosa di Parma”, “Rosè” etc… Alla fine degli anni ’80 Teresa abbandona inspiegabilmente le scene, ritornando sul grande schermo solo con una piccola apparizione nel film di Ettore Pascucci “La fabbrica del vapore” (2000).

Il suo attraente corpo, la disinvoltura davanti alla macchina da presa, e il modo di giocare con le sue nudità sempre con grazia, leggerezza ed eleganza, non l’hanno mai fatta cadere in estreme volgarità, anche se le pellicole girate sono l’apice dell’erotismo cinematografico nostrano.