Siamo arrivati al giro di boa per american gods, la serie targata STARZ (in Italia visibile grazie ad Amazon Prime Video) tratta dall’omonimo romanzo di Neil Gaiman. Non è ancora il momento dei resoconti finali, tutt’altro, ma sicuramente possiamo abbozzare i primi pareri e, soprattutto, analizzare l’ultima puntata intitolata "Git Gone" che ha fatto trapelare una sottile lama di luce in un prodotto che fino ad ora è stato volutamente criptico, oscuro, allusivo, mettendo in difficoltà soprattutto chi manca di una lettura pregressa del romanzo.

La cosa che si è notata nelle prime tre puntate, difatti, è stata la volontà da parte degli showrunner di seguire pedissequamente la diegesi del libro e impedire, al contempo, la formazione di una bussola cognitiva allo spettatore.

La narrazione è stata infatti volutamente frammentaria, sconclusionata, basata in gran parte sulla presentazione (e sul fascino) dei personaggi del pantheon di riferimento, ma ha trascurato, inspiegabilmente, lo storytelling e l’esposizione degli eventi. Un peccato abbastanza grave, giacché lo stesso concetto di serialità poggia sul coinvolgimento della storia e sul legame emotivo che si instaura con i personaggi rappresentati, cosa che qui – al momento – è fin troppo asettico o è addirittura mancante. Ciò ha lasciato lo spettatore abbastanza disorientato, freddo, nei confronti del prodotto che, precisiamo, ha delle potenzialità davvero enormi per la mitologia a disposizione e per la qualità del deus ex (bryan fuller di Hannibal).

D’altro canto, la serie ha fatto da subito breccia per le sue suggestioni visive (con picchi di kitsch soprattutto per come ha mostrato la violenza), per la retorica grottesca di cui si fa portatrice e per gli effetti speciali altamente lisergici soprattutto se rapportati alle aspettative. Queste erano, in sintesi, le prime tre puntate ma ora, finalmente, sembra che il vento stia cambiando.

La quarta puntata, infatti, è un grande flashback sulla vita passata di Shadow e Laura che porta un po’ di ordine negli eventi appena trascorsi. Si racconta, infatti, del loro incontro stravagante, dell’evolversi della loro eccitante relazione, il matrimonio e, infine, il tedio. Lo stesso che spingerà Laura e Shadow in un piano truffaldino che si concluderà drammaticamente con l’uomo condannato alla prigione per ben tre anni.

Siamo davanti alla prima risposta (perché Shadow stesse in prigione) dopo tante domande disseminate nella prima parte di American Gods. Poi Laura è morta, vittima di un incidente stradale. Ma non ci è rimasta.

La puntata continua con un suo lungo point of view di Laura, anch’esso chiarificatore, perché si frappone trasversalmente alle azioni di Shadow delle prime tre puntate, dove si scoprirà che è stata lei stessa la fautrice del salvataggio dell’uomo che, ricordiamo, era spacciato, preda degli scagnozzi del Ragazzo Tecnologico. Anche qui le scene sono molto violente, fiotti di sangue e ossa umane che saltano come bulloni da ogni dove, ormai marchio di fabbrica del prodotto. In conclusione poi, c’è l’incontro tra Audrey e Laura, in un momento di altissima televisione grottesca (Audrey che urla nel vedere l’ex amica in versione zombie e lei che tenta di spiegare la situazione mentre cerca di andare di corpo con tutti i suoni sordi a farle da orchestra).

Indimenticabile.

Il corpo di Laura è pero in decomposizione (è morta in un incidente stradale durante la prima puntata), ma fortuna vuole che Anubi e Ibis siano da quelle parti e gli facciano un restauro completo e la apparecchino a dovere per l’incontro con il suo amato (?) Shadow. Forse, prima di riposare in pace, ha bisogno di risolvere alcune questioni sospese. La puntata si conclude con Laura che incontra Shadow, come si era conclusa la terza, ma dal punto di vista della nuova protagonista. In sintesi, finalmente qualche punto interrogativo viene dissipato, la storia sembra approfondire almeno in parte la biografia di qualche personaggio principale e si sente emergere una minima empatia verso le sorti del protagonista (Shadow) che, fino ad ora, sembrava soltanto una versione testosteronica di Alice catapultata in una fiaba nera.