Il documentario sulla vita della star verrà trasmesso per la prima volta in chiaro sulla Tv di Stato questa sera, alle 21:05 su Rai 4, raccontandoci l'esistenza della straordinaria cantante, morta a soli 27 anni ed entrata di diritto nel "club 27" di cui fanno parte, tra i più famosi, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison e Kurt Cobain.
Di Amy Winehouse si è parlato molto dopo la sua morte, e questo documentario diretto da Asif Kapadia analizza la vita dell'artista, a partire da quando non era ancora una star famosa in tutto il mondo. Il film si dirama attraverso le parole di coloro che l'hanno conosciuta, descrivendola come una fanciulla dal grande talento.
Non mancheranno però momenti di maggiore impatto emozionale, come le foto della salma, la fame di gloria e di denaro delle persone che l'hanno circondata negli anni del successo. Dettagli, questi, di cui avremmo fatto volentieri a meno, ma che fanno parte del prezzo da pagare per conoscerla a fondo.
Probabilmente, le uniche parole che la cantante avrebbe realmente apprezzato sono quelle di Tony Bennett, che nei suoi confronti non si è mai risparmiato, tessendone le lodi e dipingendola come "una cantante jazz di 65 anni nel corpo di una ventenne". Forse era questo il problema più grande di Amy Winehouse: un talento immenso, profondo, incastrato e soffocato nel corpo di quella che era poco più di una bambina, sottoposto a continui abusi di alcool e droga, la cui infanzia segnata dall'indifferenza avevano reso fragile e pericoloso.
In certi momenti, il documentario ci presenta una ragazza che probabilmente non avremmo mai immaginato di vedere, divertita nei video con le amiche, arrabbiata nei messaggi lasciati nella segreteria del fidanzato, agguerrita nella voce così graffiante mentre canta le sue canzoni, ispirata mentre scrive di suo pugno ogni singolo testo, diventato poi immortale.
Il regista è riuscito nel suo intento di scavare a fondo nella vita di un'artista che ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica. La sua voce così forte, viva e dirompente non troverà più un corpo nel quale ritrovare nuova vita. L'essenza di questo documentario, "Amy-the girl behind the name", non era quello di diventare un cult-movie, ma di mostrarci un'artista quando ancora non era famosa, rivelandoci ciò che si nascondeva dietro il trucco e i capelli cotonati.
Probabilmente, se qualcuno si fosse preoccupato della sua fragilità, come si era preoccupato della sua carriera, la piccola Amy sarebbe ancora qui a calcare le scene e a cantare per noi. Questo è un pensiero che ci è venuto in mente nelle sequenze in cui la pellicola mostra apertamente il padre che si trascina dietro una troupe televisiva, nonostante la figlia stesse trascorrendo un periodo di vacanza durante il quale avrebbe desiderato rimanere lontana da quelli che erano i demoni della sua esistenza quotidiana. Speculazione? Non sempre la vita di una star deve essere ripresa e sbandierata ai quattro venti.
Rai 4 non sarà l'unica rete televisiva a ricordare Amy Winehouse nel giorno della sua morte, anche VH1 celebrerà l'artista, trasmettendo il suo concerto alla Porchester Hall di Londra, registrato come BBC One Session nel 2007, anno in cui la cantautrice britannica aveva sbancato ai Brit Awards come Best British Female.
Se decidete di guardare il documentario, fatelo con occhi vergini, non lasciatevi fuorviare da quello che già sapete sulla star, ma guardatela e ascoltatela come fosse la prima volta, e comprenderete il valore artistico e soprattutto quello umano di questa donna che è stata puro talento imprigionato in un'anima sofferente, martoriata dall'indifferenza di chi l'ha accompagnata nella strada verso il successo che l'ha divorata.
Ovvio, è pur sempre un film che mostra anche momenti che mai avremmo voluto vedere, che ci mette di fronte ad una Amy indifesa, lontana anni luce dall'immagine che portava sui palcoscenici di tutto il mondo, e dall'artista che abbiamo conosciuto, ma la luce del suo talento comunque brilla costantemente nei suoi occhi.
Per evitare che la sua arte e il suo ricordo vengano offuscati da immagini che ne saccheggiano la reale essenza, vogliamo ricordarla in una delle sue performance più belle.