"Lo Stato islamico non è né uno Stato, né rappresenta l'Islam, è un movimento di estrema pericolosità. Tutti, sul posto, giudicano necessario farlo arretrare o scomparire", queste le parole del ministro francese Laurent Fabius, prese subito in considerazione dagli USA che questa notte hanno agito bombardando alcune postazioni a sud-ovest di Baghdad. Le azioni aeree, infatti, tenderanno a intensificarsi nelle prossime ore.

Il sedicente califfato è sotto attacco

Ed è cosi quindi, che a nemmeno 24 ore dalla Conferenza di Parigi, inizia la guerra all'Isis.

Uno scenario politico internazionale fortemente voluto dagli statunitensi, che hanno i conti in sospeso con l'autoproclamato Stato Islamico per l'uccisione nelle scorse settimane del reporter James Foley. Forti dell'appoggio di 27 Paesi, il "comitato internazionale" anti-Isis ha dato il via alla mobilitazione militare. Le pedine sono in posizione, adesso rimane solo da condurre un efficace "scacco al califfo".

Isis come Al Qaeda

Il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest ha affermato che gli USA sono "in guerra con l'Isis così come lo sono con al Qaeda e i suoi affiliati in tutto il mondo", nessuno sconto sembra plausibile nella linea di condotta delle operazioni. Anche il Pentagono sembra essere prossimo all'utilizzo della parola "guerra", ma non contro il popolo iracheno.

La guerra è all'Isis, questo è un fatto risaputo, uno Stato senza terra e senza storia, figlio di un "terrorismo post-alquaidesco" acefalo e sottodimensionato.

I primi raid in sordina ad agosto

I raid aerei, e in buona parte con l'uso di droni, erano già cominciati ad agosto, in maniera "silenziosa", se vogliamo. Adesso che le carte sono scoperte gli attacchi aerei hanno maggior spazio di manovra e quindi possono essere "rumorosi", anzi devono esserlo, in modo tale da dimostrare che il fronte anti-Isis è compatto ed è al lavoro.

Gli attacchi attorno a Baghdad servono a snellire il fronte militare delle forze irachene, offrendo loro maggiore profondità bellica per la condotta di azioni per il recupero del territorio, posto sotto il controllo jihadista.