Sono 23 i morti nel carcere di massima sicurezza per detenuti politici di Qilinto, ad Addis Abebam, capitale dell'etiopia. A confermarlo è il governo etiope, specificando che 21 persone sono morte calpestate e soffocate nella calca, a seguito dello scoppio dell'incendio, mentre altre 2 persone sono state uccise mentre cercavano di fuggire. Dai media locali, però, sembrerebbe che molte vittime, tra cui diversi oppositori del governo, sianoinvece state uccise a colpi d’arma da fuoco dalle guardie carcerarie. La BBC online, infatti, nelle prime ore, ha riferito che dall'esterno della prigione si sentivano colpi d'arma da fuoco a ripetizione, i quali non possono che far pensare ad una violenta sparatoria.

Il centro di detenzione

Nel centro di detenzione di Qilinto si trovano numerose persone arrestate per manifestazioni anti-governative, che vivono in condizioni terribili, al limite dell'umano: celle di 12-24 metri quadrati che "ospitano" dai 90 ai 130 carcerati. Tra i detenuti, vi sono il vicepresidente del Congresso nazionale, Gerba, il segretario generale aggiunto del suo partito, Tufa, il direttore del giornale ‘Negere Ethiopia’, Shiferaw, e il difensore dei diritti umani, Teressa. In questa struttura, spesso i prigionieri rimangono rinchiusi anche per più di tre anni, in attesa di processo.

L'ondata di proteste in Etiopia

Proprio ieri l'ambasciatore Usa delleNazioni Unite ha espresso una forte preoccupazione per “l’uso eccessivo della forza contro i manifestanti” in Etiopia; negli ultimi mesi, infatti, lo Stato è attraversato da una moltitudine di proteste senza precedenti, a partire da novembre dell'anno scorso, soprattutto nella regione di Oromia, in cui vive l'etnia più importante del Paese.

Quasi sull'orlo di una guerra civile, le vittime di queste violente proteste sarebbero a centinaia, con il bilancio più grave degli incidenti a Bahir Dar, che conta circa una trentina di morti. Questa grande precarietà, unita alle violenze degli ultimi mesi, sta ovviamente spingendo alla fuga migliaia di persone.