Questione di pollici alzati, questo è quanto è accaduto e che vede ben sette persone a processo per aver messo un like ad un post pubblicato sul social dalla faccia blu. Sembra essere ritornati all'epoca degli antichi romani quando un pollice alzato dava la vita e quello in giù, la morte. Il paragone tra l'antica Roma con i giorni nostri non potrebbe reggere in alcun modo, ma il simbolo del pollice all'insù potrebbe lo stesso essere ritenuto una scelta, un atto di responsabilità. Questo è quello che ha deciso la magistratura di Brindisi e che sta facendo molto discutere.

Quando un like può costare una condanna

La vicenda incriminata ebbe inizio nel lontano 2014, quando venne pubblicato su Facebook un post che coinvolgeva l'allora Sindaco di San Pietro Vernotico, paese in provincia di Brindisi, ed alcuni dei suoi collaboratori accusati di essere dei fannulloni e degli assenteisti. All'epoca dei fatti, le persone tirate in ballo presentarono denuncia per diffamazione nei confronti dell'autore del post. La legge tarda ad arrivare ma quando arriva son dolori, tant'è che la Procura della Repubblica di Brindisi non solo ha citato in giudizio l'autore del post pubblicato sui social network con l'accusa di diffamazione, ha deciso di coinvolgere anche chi all'epoca dei fatti aveva gradito il post e messo il fatidico "Mi piace".

Infatti sono ben sette, oltre all'autore del post, le persone incriminate per diffamazione, poichè il procuratore ha deciso che il reato di diffamazione si sarebbe configurato anche per chi all'epoca decise di appoggiare il post diffamatorio.

Il reato di diffamazione attraverso social network

La legge parla chiaro, il reato di diffamazione si configura quando un soggetto dinnanzi a più persone, offende l'altrui reputazione è punito con la reclusione fino ad un anno ed la multa fino a 1032 euro, questo è quello che prevede il codice penale in merito alla violazione e che potrebbe creare numerosi problemi agli internauti dei social, i quali spesso ignari di quelle che sono le responsabilità penali e civili, si lasciano andare con pubblicazioni e commenti di ogni genere e forma.

La vicenda di Brindisi mette in guardia gli internauti ad esprimere il proprio pensiero anche attraverso un "mi piace", una reazione multimediale che potrebbe far intendere la complicità con l'autore del post e soprattutto la condivisione del pensiero ritenuto diffamatorio, offensivo o addirittura minatorio.