Salvatore Riina è morto alle 3.30 della notte tra il 16 e il 17 novembre 2017 all’età di 87 anni. Adesso che la storia criminale e umana del capo della mafia si è conclusa, anche la sua organizzazione deve pensare al futuro. Cosa Nostra sarebbe pronta a riunire la famigerata Cupola, l’assemblea dei boss mai più convocata dal 15 gennaio 1993, giorno dell’arresto di Riina, avvenuto a Palermo. L’indiscrezione è stata riportata dall’edizione palermitana di Repubblica di domenica scorsa e ripresa oggi, 17 novembre, dal giornalista del Fatto Quotidiano Giampiero Calapà il quale, nel suo articolo, riporta diverse confidenze avute da inquirenti e magistrati.

L’esito della riunione della Cupola appare scontato: nominare Matteo Messina Denaro, il boss di Castelvetrano latitante da 24 anni, nuovo capo dei capi della mafia.

Salvatore Riina capo della mafia fino alla fine

La convinzione di inquirenti e magistrati siciliani è che Totò Riina sia rimasto a capo di Cosa Nostra fino alla fine dei suoi giorni, anche se ristretto in regime carcerario di 41bis. Dal 1993 dunque, anno del suo arresto portato a termine dagli uomini di Sergio De Caprio (il capitano Ultimo), il capo dei capi sarebbe stato comunque in grado di “dettare strategie complessive per l’atteggiamento di Cosa Nostra”. O, almeno, questo è ciò che una fonte definita “qualificata” rivela al Fatto.

La prova delle reggenza di Riina risiederebbe nel fatto che nessuno dei capi mandamento siciliani ha avuto finora il coraggio, e il potere, di ritirare la sentenza di morte emessa dalla ‘belva’ contro il magistrato Nino Di Matteo il 16 novembre 2013.

Bernardo Provenzano mai stato il vero capo

In questo quadro andrebbe inserita la figura di Bernardo Provenzano, l’altro famigerato boss dei corleonesi, arrestato nel 2006 in una masseria del suo paese natale di Corleone e deceduto dietro le sbarre dieci anni dopo, nel 2016.

Per ben 13 anni, dunque, dal 1993 al 2006, Provenzano non fu il vero capo della mafia perché, come detto, i capi mandamento di Cosa Nostra si sarebbero sempre rifiutati di disobbedire agli ultimi ordini lasciati in eredità da Riina. Insomma, Provenzano, descritto come la mente che ha organizzato la strategia della sommersione dell’organizzazione mafiosa, in realtà avrebbe retto la Cupola in un periodo in cui le famiglie di mafia subivano (come forse ancora oggi) le conseguenze della repressione dello Stato contro la loro ala militare.

Il ruolo di Matteo Messina Denaro

Dunque, se non è vero che Bernardo Provenzano prese il posto di Totò Riina tra il 1993 e il 2006, non è altrettanto vero che Matteo Messina Denaro sia asceso ai vertici della mafia dopo l’arresto di Zu Binnu. In realtà, questa la convinzione dei magistrati palermitani, dal 1982, anno della presa di possesso della Cupola da parte dello spietato gruppo dei corleonesi, la leadership non sarebbe mai stata in discussione. Ma, ora che non c’è più Riina e i boss ristretti al 41bis cominciano a spazientirsi (vedi il caso di Giuseppe Graviano), la situazione cambia. In questo momento, infatti, come riferiscono gli inquirenti in maniera anonima, Matteo Messina Denaro “è l’unico che può reclamare il potere su tutti i capi mandamento”.

Lo stesso Riina, intercettato in carcere il 4 settembre 2013, definiva MMS una “persona responsabile” che, però, ai suoi occhi, aveva la colpa di essere praticamente scomparso. Matteo Messina Denaro avrà adesso la possibilità di riprendersi la scena di Cosa Nostra.