Mercoledì 21 settembre dovrebbe chiarirsi tutto per quanto riguarda gli interventi che il Governo ha in mente di inserire nella prossima Legge di Bilancio sotto la voce Pensioni. APE e interventi sulle quattordicesime sembrano cose certe, così come la cancellazione delle ricongiunzioni onerose. Ci sono però altri nodi al pettine, altre particolari esigenze dei lavoratori che sembrano accantonate, almeno per quanto riguarda la discussione sul tema. Precoci e la loro Quota 41 per esempio, gli usuranti, ma anche donne, invalidi ed esodati. Ecco perché da più parti arrivano al Governo richieste di attenzione che sfruttando il momento, cercano di spronare l’Esecutivo all’intervento più massiccio.

Damiano torna su opzione donna ed esodati

Il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, come ormai si sa, ha una proposta tutta sua di riforma delle pensioni. La sua idea però, non è stata presa in considerazione per via degli alti costi di cui avrebbe caricato le casse Statali. I suoi cavalli di battaglia sono conosciutissimi, con la flessibilità a 63 anni (ma senza banche ed assicurazioni di mezzo) con penalizzazioni crescenti, quota 41 per i precoci, ottava e definitiva salvaguardia, solo per rimarcarne i punti più importanti. Damiano continua a spingere il Governo a tenere in considerazione per la prossima finanziaria queste categorie di lavoratori. Per opzione donna ad esempio, a settembre si aspettavano gli esiti del monitoraggio della sperimentazione 2016 della misura.

Damiano chiede che le cifre risparmiate su quanto stanziato, vengano riversate per estendere la misura ad altre lavoratrici. La quattordicesima estesa a redditi fino a 1.000 euro, coprendo il 40% dei pensionati italiani, la maggioranza donne, è una buona cosa, le donne hanno bisogno di tutela. Ma le vessazioni del sistema lavorativo e previdenziale a cui sono soggette è da tenere in considerazione.

L’ottava salvaguardia esodati, che nelle discussioni è stata messa ai margini, sacrificata per l’APE, deve essere per forza ratificata. L’APE è sicuramente accettabile con l’anticipo a 63 anni concesso, ma Damiano chiede che siano rese più ragionevoli le penalizzazioni per le fasce non protette dalla tutela del Governo. Il 7% di penalizzazione per ogni anno di anticipo è una esagerazione evidente.

Gli invalidi dimenticati dal Governo?

Esiste una categoria di soggetti di cui non si parla proprio quando si tratta di riforme previdenziali o interventi vari. Sono gli invalidi, o almeno quelli con una percentuale di disabilità tra il 46 ed il 74%. Questi invalidi oggi, devono restare a lavorare fino a 70 anni o giù di lì oppure avere 43 anni di contributi per poter andare in pensione. Un ex consigliere del Comune di Biella, Antonio Montoro, da molti anni ha sposato la battaglia di questi soggetti. A più riprese, Montoro ha chiesto interventi a salvaguardia di questa particolare categoria di lavoratori che in molti casi hanno patologie, tanto gravi, da costringerli a lasciare il lavoro. Non potendo percepire l’assegno ordinario di invalidità, consentito per gradi di disabilità superiori al 74%, spesso sono senza lavoro e senza tutele.

Le risposte alle richieste dell’ex consigliere comunale non sembrano arrivare, nonostante Renzi abbia più volte sottolineato l’attenzione dell’Esecutivo a queste prerogative. Nell’APE però, sembra che saranno considerati come soggetti da tutelare anche questi invalidi, che probabilmente rientreranno tra quelli a cui l’APE sarà erogata a costo zero. La Senatrice Favero ha sottolineato poi come oltre agli invalidi, l’APE sociale, come viene definita in questi giorni, deve essere concessa a chi assiste i familiari disabili, i cosiddetti “caregiver”. In definitiva, altri soggetti che devono essere aiutati a superare l’aumento delle soglie di uscita applicate dalla Fornero.