Se il Governo, come continua a confermare, manterrà la parola, dal 1° maggio entreranno in vigore le novità previdenziali tanto attese. Pochi giorni fa, il Premier Gentiloni ha firmato il primo dei tanto attesi decreti attuativi delle novità pensionistiche, quello relativo all’APE sociale. Si resta in attesa degli altri relativi all’APE volontario ed a quota 41. Nel frattempo, in Commissione Lavoro alla Camera, arriva un Disegno di Legge che riporta in auge il “salvacondotto”, la Deroga Fornero. Il 20 aprile l’Onorevole Gnecchi ha presentato la proposta che mira a correggere in parte la misura inserita dalla Fornero che consente l’uscita anticipata dal Lavoro.
Questa però, non è l’unica via rimasta in vigore tra quelle che consentono di non aspettare i pesanti requisiti previdenziali inseriti proprio dalla riforma del Governo Monti. Una serie di scivoli che per molti, potrebbero essere più vantaggiosi dell’Anticipo Pensionistico che presto entrerà in azione.
L’APE e i suoi difetti
L’APE nella versione del prestito, cioè l’anticipo volontario, è la novità spesa dal Governo per rispondere all’esigenza di flessibilità del sistema previdenziale. Per la prima volta entrano in scena, nel classico rapporto pensionato-ente erogatore (INPS), le banche e le assicurazioni. La pensione erogata, o meglio, il reddito ponte che accompagnerà soggetti a tra i 63 anni ed i 66 anni e 7 mesi, alla pensione, altro non è che un finanziamento bancario.
L’INPS erogherà una specie di pensione per 12 mesi all’anno a chi chiederà l’APE. Rispetto ad una vera pensione, l’APE non prevede tredicesima, non è reversibile e non è rivalutabile. I contributi necessari devono essere 20, senza contare i figurativi. Nel momento in cui il pensionato arriverà all’età utile per la pensione di vecchiaia, cioè i famosi 66 anni e 7 mesi, il prestito ottenuto, con interessi e spese, sarà restituito in 20 anni attraverso trattenute sulla pensione, tanto più pesanti, quanti più anni di anticipo si ottengono.
A detonare il rischio di forte indebitamento, il Governo ha calmierato il prestito erogabile a 1.500 euro di pensione mensile. L’APE può essere richiesta in percentuale variabile in base agli anni che mancano ai 66 anni e 7 mesi, partendo dal 75% tra i 63 anni ed i 63 anni e 7 mesi, per finire con il 90% a quelli a cui manca meno di un anno alla pensione di vecchiaia.
La pensione futura, quella al netto della trattenuta di prestito, non dovrà essere inferiore ad 1,4 volte il trattamento minimo INPS, cioè circa 700 euro al mese.
Alternative all'APE
L’APE quindi prevede un taglio di pensione futura, un sacrificio da spendere in virtù di una uscita anticipata. Il neo pensionato diventerà indebitato nei confronti di una banca, per un importo che indiscrezioni dicono sarà di minimo 150 euro al mese. Ci sono vie diverse dal prestito pensionistico che potrebbero essere sfruttate da soggetti che si trovano nelle condizioni di non poter richiedere l’APE, oppure di non ritenerlo favorevole. In Commissione Lavoro, dal 20 aprile si sta lavorando per il DDL Gnecchi che potrebbe rendere appetibile di nuovo, la deroga Fornero.
Uno scivolo che si applicherà nel 2017, a quelli nati a partire dal 1952. La pensione in deroga alla Fornero si prende a 64 anni e 7 mesi di età, con 35 di contributi. I 7 mesi relativi all’aspettativa di vita, potrebbero essere cancellati se il DDL venisse approvato. I 35 anni di contributi previsti dalla deroga, sono al netto di quelli figurativi, altro vincolo che potrebbe essere cancellato dal DDL. Esistono poi le deroghe ai 20 anni di contributi minimi per la pensione di vecchiaia. Si tratta della Deroga Amato e dell’opzione Dini, entrambe senza che l’importo di assegno raggiunga determinati limiti. Con la Deroga Amato, bastano 15 anni di contributi, chiusi però prima 1993, oppure, sempre prima di questa data, bisogna essere stati autorizzati ai versamenti volontari.
Nella Deroga rientra anche chi ha 15 anni di contributi versati come lavoratore dipendente e 10 in lavori saltuari e discontinui. Con l’opzione Dini invece, si parla di cristallizzazione dei requisiti, per coloro che hanno maturato 57 anni prima del 2008 o 60 anni prima del 2012, cioè per coloro che rientravano nelle precedenti soglie di uscita in vigore fino a quegli anni. Chi ha maturato 15 anni di contributi e le età di cui parlavamo prima, potrà lasciare in lavoro con la pensione di vecchiaia, ma accettando il calcolo della pensione con il penalizzante sistema contributivo.