Rebus Pensioni, ormai possiamo dirlo benissimo perché dopo l’incontro di ieri sera al Ministero del Lavoro tra Governo e sindacati, la partita resta più che mai aperta. Ennesimo incontro che si può definire interlocutorio, con i sindacati che hanno ribadito le loro posizioni ed hanno continuato a proporre cosa dovrebbe essere fatto nella previdenza italiana, secondo il loro punto di vista. Dal Governo, ancora un’apertura all'ascolto, come confermato dal Ministro del Lavoro Poletti a margine del summit. Una cosa è certa, cioè il blocco dei lavori fino a fine settembre, una specie di pausa di riflessione che posticiperà i prossimi tavoli al mese di ottobre.

Intanto ci si attendono novità dal DEF, la cui nota di aggiornamento è prevista non più tardi del 27 settembre. Dal Documento di Economia e Finanza si potrebbe capire di più anche riguardo al pacchetto previdenziale da inserire nella prossima Legge di Bilancio, con tutte le misure proposte dai sindacati o predisposte dall’Esecutivo.

L’Anticipo per disagiati

Poletti dopo il summit ha confermato come il Governo abbia recepito quanto suggerito dalle parti sociali e che vengono ben accettate le proposte. Il tutto fermo restando il fatto che come ribadito ancora da Poletti, il sentiero dove muoversi, parlando di risorse da destinare alle pensioni risulta stretto. In pratica, soldi per miracoli o voli pindarici non ce ne sono e questa tutto è tranne che una novità.

I sindacati come la CGIL a voce del suo segretario generale Camusso ha contestato proprio il fatto che nulla sia trapelato dal punto di vista delle risorse da mettere in campo. Per Barbagallo e la sua UIL invece, le risorse ci sarebbero, come dimostra il fatto che qualcosa per rendere strutturale opzione donna grazie ai risparmi della stessa misura sia possibile mettere in campo.

Insomma, posizioni sempre distanti tra richieste e possibilità di essere esaudite. Una cosa che sembra mettere tutti d’accordo e che potrebbe davvero far parte del pacchetto previdenziale della manovra di autunno è l’estensione dell’Ape sociale, quella per disagiati. Una estensione sia di platea, con l’agevolazione per le lavoratrici madri che come misura in senso stretto, che potrebbe diventare strutturale.

In pratica, l’idea di agevolare le donne per quanto riguarda i contributi previdenziali necessari per l’Ape sociale potrebbero davvero essere scontati. Per il Governo l’idea è di concedere 6 mesi di sconto per ogni figlio avuto per un bonus massimo di 2 anni. Per il Governo lo sconto dovrebbe riguardare i figli fino al compimento del sesto anno di età, magari con 6 mesi per anno di contribuzione figurativa da accreditare. Sconti sull’Ape sociale che difficilmente potranno essere estesi anche alle altre misure previdenziali come la pensione di vecchiaia o quella anticipata perché l’Italia in qualche modo è bloccata dai diktat di Bruxelles che prevedono l’equiparazione di genere di fronte alle soglie di accesso alle pensioni.

Proprio per questo dal 2018 la pensione di vecchiaia diventerà per tutti fruibile a 66 anni e 7 mesi, per passare a 67 anni dal 2019.

Misure che sembrano irrealizzabili

Poletti ha ribadito concettualmente che il Governo sarà impegnato a risolvere il rilancio occupazionale dei giovani. Una cosa che sta talmente a cuore all’Esecutivo che dalle parole del Ministro sembra cosa già fatta. In pratica la decontribuzione per le assunzioni di giovani e quindi il taglio del cuneo fiscale sul lavoro sarà certamente una misura da Legge di Bilancio. L’ipotesi che stava prendendo piede, cioè quota 100 ed il ritorno alla proposta del Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, resterà un sogno perché troppo onerosa per le casse statali.

Impossibile consentire a tutti di andare in pensione quando la somma di età anagrafica e contributi versati dia 100. Questo nemmeno con l’età minima prevista da Damiano che sarebbe 62 anni, figuriamoci con quella prevista dalla quota 100 di matrice leghista che la faceva partire da 57 o 58 anni. Resta fattibile invece la pensione di garanzia per i pensionati futuri, che utilizzeranno il conguaglio dell’assegno sociale per percepire pensioni di almeno 600/650 euro al mese nonostante non si siano versati contributi a sufficienza. La misura va sistemata rispetto a quanto previsto nelle varie simulazioni del Governo perché le condizioni del lavoro di oggi, con precariato, lavori saltuari e disoccupazione, insieme al sistema contributivo come unico per calcolare gli assegni previdenziali, rendono difficile anche racimolare i 20 anni di contribuzione minima richiesta.