Dopo le affermazioni di Umberto Veronesi, il quale ha negato l'esistenza di Dio, si è passati alla risposta di Antonio Zichichi che difende invece il fede nell'essere metafisico per antonomasia e attacca il collega. Dio è tornato prepotentemente argomento di conversazione alta e lo fa dalle cattedre di eminenti scienziati che hanno deciso, per una volta, di addentrarsi in una sfera non propriamente consona alle proprie competenze (studiosi delle leggi della fisica che vogliono sondare quel che c'è oltre la fisica). Ad ogni modo, l'argomento ha fatto scalpore, soprattutto le affermazioni dell'oncologo che, in un'Italia secolarizzata più a parole che a fatti, ha deciso d'emblée di fare un ulteriore passo avanti e spostare il suo agnosticismo verso un ateismo più deciso.

Furente, a quanto pare, la risposta del fisico Zichichi, il quale ha cercato di porre in contraddizione l'altro. Vediamo di analizzare i punti salienti del loro dibattito.

Veronesi vs Zichichi: tra scienza e teologia, ateismo e teismo

In occasione della presentazione del suo libro, Il Mestiere di Uomo, appena uscito, Umberto Veronesi si è sbilanciato in un'affermazione che riassume il suo senso morale ultimo e il ritrovato vigore etico del quale il libro autobiografico tratta. Da credente ad agnostico, fino all'affermazione, che alcuni hanno etichettato come scioccante, dell'inesistenza di Dio. La prova ontologica di tale affermazione del Veronesi sta in quell'eterna Teodicea (giustizia di Dio) che da millenni scuote i filosofi sulla questione teologica.

Come può Dio permettere il male nel mondo? La tesi di Veronesi è semplice e fulminea: "dopo Auschwitz" dice lo scienziato, "il cancro è la prova che Dio non esiste". Per Veronesi, prima come uomo e poi come medico oncologo, è inconcepibile pensare Dio e rendersi conto del male nel mondo, un male, attenzione, gratuito, di quello che può colpire un bambino innocente affetto di malattie mortali ed incurabili.

Tutto ciò è inconciliabile con l'idea di un essere onnipotente e buono, come le tradizioni religiose monoteistiche vogliono. Compito dell'uomo, aggiunge Veronesi, è quello di prescindere da tale visione metafisica della vita e assumersi sulle sole proprie spalle le sue responsabilità etiche e morali.

La risposta di Zichichi è invece di tipo cosmologico.

Da fisico, il suo ragionamento parte dalla creazione del tutto. L'universo, dice Zichichi, è invece la prova dell'esistenza di Dio. Scienza e fede devono essere le due colonne portanti dell'uomo del terzo millennio. Secondo lo scienziato, il fatto stesso che esista un universo, ossia qualcosa determinato da leggi fisiche ben precise (uni-verso, leggi che vanno nello stesso verso, cioè univoche), dimostra che ci sia stato un creatore e quindi una mente intelligente che lo ha progettato. La domanda che ci poniamo però è la seguente: davvero l'universo dimostra che ci siano delle leggi fisiche, o più semplicemente le nostre leggi fisiche sono invece un linguaggio per decodificare qualcosa di altrimenti incomprensibile.

Forse il professor Zichichi dimentica infatti che ormai la scienza moderna, soprattutto in campo quantistico, sta dando sempre maggiore importanza al concetto di caos, introducendo argomenti come il multiverso (diverse leggi per diversi sistemi fisici creati casualmente dopo infiniti tentativi). Ad ogni modo, lasciamo ad altri eminenti professori il compito di destreggiarsi nell'annosa diatriba.