Si è svolta stamattina davanti alla Corte d'Assise di Palermo una nuova e importante udienza del processo per la presunta trattativa Stato - mafia con la deposizione del presidente del Senato della Repubblica Pietro Grasso che è stato citato come teste.

Trattativa Stato - mafia, deposizione del presidente del Senato Grasso

Il presidente della Corte d'Assise di Palermo Alfredo Montalto all'inizio dell'udienza ha ringraziato il presidente del Senato Grasso, come riferisce l'agenzia di stampa Adnkronos, "per avere rinunciato alle prerogative costituzionali della carica".

Quindi, rinunciando alle prerogative della seconda carica dello Stato italiano, Grasso ha deciso di deporre in aula a Palermo e non a Palazzo Madama. "Sono qui - ha detto il presidente Grasso - per venire incontro alle esigenze di giustizia e verità". E' il stato il capo della Procura distrettuale antimafia di Palermo Francesco Messineo a ad interrogare Grasso in qualità di teste al processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia.

Trattativa Stato - mafia, Grasso parla dell'ex presidente Mancino

Rispondendo alle domande di Messineo, Grasso ha parlato dell'ex presidente del Senato della Repubblica Nicola Mancino, imputato al processo per falsa testimonianza e finito in una bufera di polemiche per le intercettazioni telefoniche con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.Nel dicembre 2011 Nicola Mancino appariva "una persona tormentata - ha detto il presidente Grasso - dal punto di vista psicologico, si sentiva quasi perseguitato".

"Mi disse - aggiunge Grasso, che allora era super procuratore antimafia riferendosi a un colloquio con Mancino - ancora che c'erano delle differenze di valutazioni di eventuali suoi comportamenti ed omissioni dalle diverse procure che indagavano sulla trattativa, quindi - spiega Grasso - mi disse: 'Lei da Procuratore antimafia deve fare qualcosa' e io risposi che l'unico modo per ridurre all'unità le indagini era il potere di avocazione del Procuratore antimafia, ma non c'erano i presupposti e lui disse che il coordinamento si poteva fare".

Processo Stato - mafia: nuove accuse a Berlusconi e Dell'Utri

Intanto nuove accuse all'ex senatore Marcello Dell'Utri e al leader di Forza Italia Silvio Berlusconi sono arrivate ieri da Palermo dove al processo sulla presunta trattativa Stato - mafia ha deposto anche il collaboratore di giustizia Antonino Galliano.

"Marcello Dell'Utri - ha detto nelle sue deposizioni il pentito Antonino Galliano secondo la ricostruzione dell'agenzia di stampa Ansa - era l'intermediario di Cosa nostra e la mafia e dava soldi di Berlusconi ad Antonino Cinà. Tramite mio zio Raffaele Ganci il denaro arrivava a Totò Riina". Lo ha sostenuto, deponendo al processo sulla trattativa Stato - mafia, il pentito Antonino Galliano. Il collaboratore di giustizia ha raccontato che ci sarebbero state due fasi nel rapporto tra l'allora imprenditore Silvio Berlusconi e la mafia.

Stato - mafia, Riina incontrava anche ministri

"Tra ottobre e novembre del 1991 Mimmo Ganci accompagnò Totò Riina ad una riunione dove c'erano politici, ministri in carica e colonnelli per discutere del l'aggiustamento del maxi processo".

E' quanto ha raccontato ieri al processo sulla presunta trattativa Stato - mafia Antonino Galliano, lo stesso pentito che accusa Berlusconi e Dell'Utri di rapporti con Cosa nostra. L'organizzazione mafiosa siciliana, secondo il collaboratore di giustizia, voleva "staccare la Sicilia dall'Italia", i boss "volevano fare - ha raccontato Galliano secondo quanto riferisce l'Ansa - come il bandito Salvatore Giuliano".