Jan Scheuermann, una donna di 53 anni, tetraplegica e costretta dall'età di 13 anni all'immobilità per una paralisi dalla testa in giù (una malattia neurodegenerativa chiamata degenerazione spinocerebellare), ha mosso col pensiero un braccio robotico grazie al supporto di due sensori innestati nella sua corteccia cerebrale di 4 mm quadrati l'uno. Il braccio robotico che controlla la parte destra e la mano fa parte del progetto della Facoltà di Medicina dell'Università di Pittsburgh, in Pennsylvania: l'esperimento di un team di neurologi e bio-ingegneri dell'Università è stato pubblicato dalla rivista The Lancet.

Con questo braccio robotico, Jan Scheuermann ha potuto muovere oggetti con ben 10 gradi di libertà e spostarli in varie direzioni, flettendoli, ruotandoli come se fosse dotata di un braccio proprio: gomito e polso si muovono e il braccio può afferrare qualsiasi oggetto. Ha potuto anche battere il cinque e fare il segno ok col pollice. Novantasei nano-aghi per ognuno dei due sensori, grazie ad un'interfaccia cervello-robot, immagazzinano gli impulsi elettrici di 200 neuroni nel cervello che si trasformano poi in comandi per far muovere il braccio.

Il braccio robotico rimpiazza i comandi e i segnali che dal cervello arrivano all'arto. I due minuscoli sensori impiantati nel cervello di Jan le consentono di captare i segnali elettrici, che poi vengono riportati ad un computer che comanda al braccio di muoversi.

Ovviamente, la sfida maggiore è stata quella di creare il giusto algoritmo per decodificare questi segnali e interagire sulle connessioni cerebrali trasformandoli in istruzioni per il braccio robotico. Per arrivare a questo, il team di ricercatori ha dovuto individuare quali particolari cellule nervose fossero coinvolte, quando la donna 'pensava' di muovere sia il braccio che la mano destra.

Dopo il secondo giorno di esperimento, Jan Scheuermann ha iniziato a controllare il braccio e nel giro di tre mesi la donna ha acquisito abilità, coordinazione e velocità tipiche di una persona normale raggiungendo un successo del 91.6% dei movimenti. Il risultato di due anni di lavoro dell'Università di Pittsburgh è stato pubblicato su Journal of Neural Engineering.

Uno dei ricercatori del team di Pittsburgh, Andrew Schwartz, ha spiegato che questo tipo di tecnologia potrebbe trasformarsi in una terapia utile per chi soffre di lesioni spinali. Gli scienziati di Pittsburgh hanno utilizzato un programma di realtà virtuale per il controllo del braccio. Ora intendono ripetere questo risultato sperimentale su altri pazienti. Nella prossima fase dell'esperimento, i ricercatori si stanno impegnando a rendere la protesi robotica sensibile al tatto ed a permettere ai pazienti di collegarsi all'arto bionico tramite Wi-Fi.