Secondo recenti studi condotti dall'italiana Alessandra Mastrobuono-Battisti, che opera al Politecnico di Haifa, in Israele, tantissimi anni prima che il nostro satellite nascesse, la Terra aveva una 'sorella': il pianeta Theia, un pianeta fatto di rocce e dalla composizione simile a quella del nostro pianeta. Theia era molto più piccola della sua 'sosia' e, secondo le simulazioni dell'evento condotto dalla scienziata italiana, dallo scontro fra essa e la Terra sarebbe nata la Luna.

I risultati di queste simulazioni sono stati resi noti sulla rivista Nature e spiegherebbero il perché la Terra e la Luna si somigliano.

Altri studi condotti nell'università di Munster in Germania e quella di Lione in Francia, affermano che sia la Terra che la Luna, dopo l'impatto, furono circondati da una patina di polveri metalliche, soprattutto una varietà' di tungsteno, catturate, probabilmente, in modo del tutto differente dai sistemi gravitazionali della Luna e della Terra. Dopo varie ricerche e le varie teorie formulate sulla nascita della Luna, come quella che si fosse creata da una 'costola' terrestre o fosse stata rapita dalla forza di gravità, adesso quella più accreditata è proprio questa: la formazione del satellite si sarebbe verificata circa 4 miliardi di anni fa, a causa di un grande impatto fra la Terra e un pianeta, all'incirca della grandezza di Marte, chiamato, appunto, Theia.

Essendo che, nel sistema solare, ogni pianeta, stella, satellite, asteroide, ha una propria composizione diversa da quella degli altri corpi celesti e quindi ognuno ha un'impronta unica, restava un'enigma la mancanza di tracce chimiche di Theia nella composizione della Luna. La simulazione al computer, condotta dalla ricercatrice italiana, dell'evento avvenuto in passato, cioè questa grande collisione fra i due pianeti sosia, ha rivelato che, il pianeta Theia, potrebbe essere stato molto simile, per composizione, alla Terra; ecco perché la Luna non presenta tracce dell'antico pianeta ma, nella sua composizione, ricorda la Terra. La recente scoperta avrebbe, quindi, risolto il più importante dubbio sulla teoria del grande impatto.