L’Arpacalè un’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente che opera sul territorio calabrese. E’ un ente adibito ai controlli ambientali ed al monitaroggio delle acque dei fiumi e dei mari nelle zone costiere, per verificarne la balneabilità. L’Arpacal, che risponde all’Ispra (Istituto Superiore per la prevenzione e ricerca ambientale), dispone di dipartimenti provinciali e centri specializzati che dovrebbero essere dotati di attrezzature scientifiche adeguate ed avere a disposizione laboratori chimici e bionaturalistici. Alcuni programmi di monitoraggio sono finanziati dal Ministero dell’ambiente e non è poca cosa in una Regione alle prese con soldi che non bastano mai.
Crotone, realtà della Calabria, ha cominciato a fare i conti con il dipartimento dell’Apacal l’anno scorso, in occasione di un mare inquinato di liquami fognari che hanno reso la balneabilità impossibile per un intero mese. Colpa di depuratori poco funzionanti o di rilevamenti non idonei, tant’è che quando si tratta di dare referti precisi, ci sono sempre conti che non tornano ed inizia lo scarica barile delle responsabilità. Intanto, da un articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano, è stato evidenziato che il sud non ha inviato ancora nessun dato entro il 31 marzo, come prevede la normativa, ragion per cui non conosciamo lo stato di salute delle nostre acque.
Come al solito la Calabria detiene un primato negativo e, stando alla realtà, si dovrà nuovamente effettuare il censimento di fiumi e laghi da realizzare attraverso una società partecipata del ministero dell’Ambiente.
Secondo l’Espresso.it, la partecipata ha potuto disporre di congrue cifre e non sono mancati i contratti di consulenza che in questa regione sono indispensabili per garantire qualche posto di lavoro. Un altro carrozzone o una società che lavora sul territorio in autonomia per fornire dati utili, per quanto riguarda la salute delle acque?
Sarebbe un vero peccato se i soldi pubblici si utilizzassero per fornire rapporti di consulenza a discapito di un territorio a rischio idrogeologico, e con siti inquinati che aspettano da secoli di essere bonificati. Comunque sia, se l’Arpacal fosse strutturata a dovere, con un personale distribuito equamente nei dipartimenti, ne beneficeremmo un po’ tutti, e non si capisce perché in alcune aree ci sono poche persone a lavorare, mentre in altre c’è una vera armata.
Alla fine ci ritroviamo con organismi fantasmi che esistono solo sulla carta, ma che in realtà sono delle scatole vuote. Se si avesse voglia di informarsi sulla balneabilità del proprio mare, chiamando l’organo adibito a tale controllo, il telefono suonerebbe a vuoto perché dall’altra parte non c’è nessuno.