L'altro ieri, domenica 16 ottobre, è tornata l'annuale iniziativa 'seminare il futuro'. Trattasi di un evento annuale in cui trentotto aziende agricole biologiche di tutta Italia hanno aperto le porte ai comuni cittadini per coinvolgerli nella semina di cereali: grano Senatore Cappelli, segale, avena, orzo, farro. Ognuna ha scelto un cereale da far seminare.Tutte queste aziende avevano già preparato le sementi biologiche e biodinamiche. Protagonisti sono stati cittadini di tutte le età e anche famiglie con bambini, vi erano sia appassionati di alimentazione naturale sia semplici curiosi.
Quest'evento ha voluto dare un messaggio chiaro e molto forte: la necessità di preservare la biodiversità agricola e ambientale (da cui deriva anche la varietà di specialità gastronomiche locali), di riscoprire le antiche varietà autoctone, di liberare le sementi dal controllo delle multinazionali, di opporsi alle pratiche di manipolazione genetica e di abuso di pesticidi e concimi chimici e di mettere al centro dell'economia i piccoli produttori.
La pericolosità delle multinazionali del cibo e delle sementi
Recentemente, due dei principali colossi mondiali degli OGM, Bayer e Monsanto, si sono fusi, e si prevedono altre fusioni tra gruppi già enormi (ricordiamo che la Bayer produce l'Aspirina ed è anche la stessa società che commercializzò per prima l'eroina: deriva da un ramo della società tedesca IG Farben, che fabbricò il gas Zyclon B usato nelle camere a gas durante il regime hitleriano.
La Monsanto aveva tra l'altro fabbricato il defoliante velenoso Agente Arancio, usato dai militari statunitensi durante la guerra in Vietnam per rimuovere le foglie degli alberi delle foreste dove si nascondevano i Vietcong). La concentrazione della produzione alimentare nelle mani di pochi colossi crea accumulo di denaro nelle mani di pochi e minaccia la sovranità alimentare dei popoli e l'autonomia dei piccoli produttori tradizionali (contadini, pescatori e allevatori).
Quanto agli Ogm, non si sa ancora se siano dannosi per la salute umana, ma di certo lo sono per la biodiversità e l'ecosistema, in quanto vanno irreversibilmente a contaminare le colture tradizionali, sicché se li trovano nel campo anche gli agricoltori che non li vogliono. Più in generale, lo spostamento massiccio di derrate alimentari per tragitti lunghi non è ecologicamente sostenibile: i trasporti inquinano e spesso i cibi importati vengono da zone dove le norme in materia di tutela della salubrità sono meno restrittive che in Europa, come ha dimostrato un'indagine di Coldiretti.
L'alternativa: agricoltura sostenibile legata ai territori
Fortunatamente esiste un'alternativa fattibile. Non dobbiamo certo aspettarci mosse dal governo, che anzi preme perché passi il TTIP, il famigerato trattato liberoscambista con gli USA che aprirebbe i mercati europei ad ogni prodotto da lì proveniente: cibi transgenici, carni agli ormoni, polli trattati col cloro. Possiamo noi scegliere di prediligere i prodotti locali mettendoci in contatto con i produttori più vicini, magari anche attraverso la creazione di gruppi d'acquisto solidale, gruppi di persone che si organizzano collettivamente per acquistare prodotti del luogo a prezzi contenuti (una precisazione sul biologico: non è il metodo in sé che costa, è la certificazione che fa aumentare il prezzo; ci sono molti piccoli agricoltori che non hanno la certificazione ma producono senza sostanze chimiche, o usandone in quantità molto basse, e vanno stimati).