I Buchi neri, corpi celesti dal campo gravitazionale talmente intenso da non permettergli di generare luce, si formano in seguito ad un collasso gravitazionale che, alcune volte, avviene durante la "morte" di una stella.

Predetti anche grazie alla teoria della relatività di Einstein e, negli anni Sessanta, osservati indirettamente grazie ai nuovi strumenti, i buchi neri costellano l'universo ed oggi siamo a conoscenza dell'esistenza di alcuni di essi con massa gigantesca, anche di centinaia di milioni di volte maggiore di quella solare.

L'osservazione indiretta dei buchi neri

Questi corpi celesti, proprio per la loro caratteristica di "trattenere" anche la luce, non sono osservabili direttamente, ma solo in base alle reazioni che avvengono intorno a loro, agli effetti sulla materia. Nei pressi di un buco nero, infatti, la materia si muove ad altissima velocità, e vengono emesse grandi quantità di energia. Il buco nero, includendo progressivamente la materia attorno a sé, può crescere catturando gas e stelle.

La scoperta di Nico Cappelluti

Nico Cappelluti, ricercatore e professore dell'Università di Yale, ha condotto un'indagine sui buchi neri formatisi durante il Big Bang, ed ha recentemente presentato i dati provenienti dai suoi studi al convegno Società Astronomica Americana.

La rivista Science riporta che il professore e il suo team, studiando il fondo cosmico infrarosso (il fondo del cielo, senza le stelle e galassie da noi conosciute, assieme al fondo cosmico di raggi-X) sono riusciti, tramite l'analisi delle fluttuazioni del fondo cosmico altamente superiori alla media, a teorizzare ed individuare la presenza di questi enormi buchi neri "produttori" di raggi-X.

Per spiegarsi meglio Cappelluti ha paragonato tale studio all'osservazione della sabbia a raggi-X e a raggi infrarossi, per studiarne le increspature: tali increspature sarebbero come le fluttuazioni.

La differenza con i buchi neri precedentemente scoperti risiederebbe proprio nella grandezza della massa di questi ultimi, teorizzati precedentemente in alcuni studi sulle condizioni dell'universo primordiale (dove erano presenti idrogeno, elio e litio). Il professor Cappelluti si dichiara ottimista sul futuro della tecnologia riguardante l'osservazione di tali fenomeni.