Era l'11 gennaio 1693 quando un terremoto spaventoso devastò la Sicilia orientale, distruggendo quasi completamente la città di Catania. A distanza di 324 anni, in uno dei territori a più alto rischio sismico del mondo (da ricordare anche il Terremoto di Messina del 1908), l'Ance (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili), l'Ordine degli Ingegneri e degli Architetti, si sono incontrati a Catania per presentare una ricerca, condotta dall’Università di Catania e dall’Imperial College di Londra che ha l'obiettivo di individuare possibili tecniche di adeguamento degli edifici in calcestruzzo armato, progettati in assenza di specifiche norme antisismiche.
La proposta
La presentazione è stata a cura del professore ordinario di Meccanica Computazionale dell’Università britannica Bassam Izzuddin, e il professore Ivo Caliò, ordinario di Dinamica delle Strutture e Ingegneria Sismica dell'Università di Catania. La premessa da cui è partito il dibattito è che il territorio di Catania, di fatto quasi tutta la Sicilia Orientale, è da considerarsi ad alto rischio a causa della prossimità alla soglia Ibleo-Maltese. Secondo la Protezione Civile, esiste il rischio concreto di un terremoto di forte intensità nei prossimi anni. Gli studi condotti nel corso degli ultimi sei mesi hanno rivelato che gli edifici costruiti tra gli anni '60 e '80, prima dell'introduzione della normativa antisismica, non sono in grado di dare garanzie di sicurezza accettabili.
Strategia innovativa
A questo punto è stata elaborata una strategia innovativa che potenzierebbe la capacità antisismica dei vecchi edifici portandola quasi allo stesso livello di quelli di nuova costruzione. Interventi che potrebbero essere realizzati con costi accettabili. In buona sostanza si è parlato "di un sistema dissipativo compatibile con la distribuzione architettonica delle pareti e dei vuoti al loro interno".
"Abbiamo focalizzato l'attenzione sull'uso di pareti di taglio - hanno spiegato i ricercatori - vale a dire pareti in cemento armato che corrono dalle fondazioni fino alla sommità, disposte in posizioni strategiche, e che spesso coincidono con pareti cieche (dove non è presente nessuna apertura, per ridurre l'onere gravoso ed economico dell'intervento), con uso di controventi dissipativi in acciaio inseriti e disposti in coincidenza degli altri tamponamenti".
Nuove tecnologie
Tecnologie già esistenti per la nuova edilizia ma mai applicate con questa configurazione negli edifici esistenti. Gli edifici di quell'epoca sono caratterizzati da un foglio di mattoni interno molto sottile, una camera d'aria e un foglio esterno di mattoni forati: la soluzione prevede la rimozione del foglio esterno, l’intervento nello spazio ricavato e la successiva occlusione. Si tratta di dispositivi metallici appositamente progettati per assorbire e dissipare energia in modo controllato dal terremoto alla struttura, che in loro assenza sarebbe trasmessa direttamente agli elementi strutturali e non strutturali. L’installazione dei controventi dissipativi è in generale mirata a evitare che l’eventuale nascita di cinematismi nelle strutture in cemento armato si risolva nel collasso, riducendo l’eccessiva deformabilità e quindi limitando il danno.
Dunque si tratta di un "Controvento non dissipativo a croce", che segue le diagonali che in facciata creano travi e pilastri, e un controvento a P greco che, nel momento in cui l'edificio tende a spostarsi orizzontalmente, tende a ruotare: quindi la parte centrale avrà uno spostamento differenziato, inducendo l'elemento posto al centro a comportarsi come un fusibile, cioè a plasticizzarsi.
Molti gli interventi, da quello del presidente Ance Catania Giuseppe Piana a quello presidente dell’Istituto nazionale di Urbanistica Sicilia, Paolo la Greca; i presidenti di Ingegneri e Architetti, Santi Cascone e Giuseppe Scannella; il vicepresidente nazionale Ance Gianluigi Coghi. Presenti anche i sindaci metropolitani di Messina, Renato Accorinti, e di Catania, Enzo Bianco.