Il divieto imposto dal governo italiano alla coltivazione del mais geneticamente modificato, denominato Mon810, di proprietà della Monsanto è illegittimo. E questo, nonostante siano passati quasi 20 anni, era il 1998, da quando fu rilasciato il via libera alla commercializzazione nel territorio della Ue. Il principio giuridico ribadito dai Supremi giudici europei è che il dubbio non è sufficiente a vietare una coltivazione, anche se di OGM. Inoltre, nessun stato membro dell'Unione può adottare misure di emergenza nei confronti di coltivazioni transgeniche senza un evidente rischio per la salute o l'ambiente.

I fatti che hanno portato alla decisione

Il punto del contendere, su cui si è espressa l'alta corte europea, è l'interpretazione dell'articolo 34 del Regolamento Ce 1829/2003 che regolamenta l'autorizzazione e la commercializzazione degli organismi geneticamente modificati e che, esplicitamente, consente ai paesi membri di adottare misure emergenziali qualora siano presenti ed attuali gravi rischi per la salute umana e animale o, in generale, per l'ambiente.

Nel 2013 il Governo italiano, facendo riferimento all'articolo 34, vietava la commercializzazione sul territorio nazionale del mais Mon810, ma non esibiva chiare prove di un evidente rischio per la salute. L'unica documentazione scientifica prodotta era due studi, uno del Cra e uno dell'Ispra, che sollevavano dubbi sulla salubrità del mais transgenico.

Sulla base di questi due studi e facendo appello al principio di precauzione sancito dall'articolo 7 del Regolamento Ce 178/2001 che consente di adottare misure di prevenzione se vi sia la possibilità di danni alla salute, anche se, dal punto di vista scientifico, vi sia incertezza, il Governo aveva avallato il divieto.

Le motivazioni della sentenza

La Corte europea ha rigettato questa interpretazione spiegando che il Regolamento 178/2001 è una norma generale in materia di sicurezza alimentare, di cui il Regolamento 1829/2003, qual'è norma speciale, sarebbe espressione. Di conseguenza, il principio di precauzione, richiamato dal Governo italiano alla giustificazione della sua decisione, sarebbe già insito nelle disposizioni della norma speciale.

Quindi, secondo la Corte, l'articolo 34 non consente di limitare la circolazione e la commercializzazione di merci che sono state preventivamente autorizzate dalla Commissione europea. E questo perché il richiamato principi di precauzione ha già spiegato i suoi effetti durante l'iter autorizzativo previsto dallo stesso Regolamento 1829.

Le conseguenze pratiche

Come dicevamo, il Mon810 doveva entrare in commercio nel 1998, ma sono passati quasi vent'anni e, nel frattempo, la legislazione europea si è modificata. Dal 2015, la Ue consente ai singoli Stati membri di regolamentare la coesistenza tra i vari tipi di colture, transgeniche, convenzionali o biologiche. E, quindi, vietare, in tutto o in parte determinate coltivazioni senza dover fare riferimento a misure emergenziali. L'unico vincolo imposto dall'Europa è il rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione.