Spesso si parla dell'Ambiente e di come dobbiamo cercare di preservarlo, per noi e per le generazioni future. Nei temi trattati in ambito della salvaguardia ambientale, oltre alle svariate sostanze, rientra anche la plastica e ciò che ne resta dopo il suo utilizzo, ma anche come dovrebbe essere smaltita e/o trattata. In tal senso, le ultime notizie non sembrano essere positive.

Stando a dei dati che riguarderebbero l'ecosistema marino, è stato osservato che il krill antartico ingerisce microplastica per poi metabolizzarla e rilasciarla nuovamente ma in formato nano, quindi ancora di dimensioni più piccola.

Va specificato che per microplastiche si intendono piccoli pezzi di plastica che hanno dimensioni inferiori ai 5 millimetri e che risultano essere già dannosi per l'ecologia marina; pertanto quando si parla di nanoplastica si parla di particelle ancora più piccole. Questo processo ha generato l'allarme tra i ricercatori e gli specialisti del settore in quanto la scoperta rappresenta una minaccia ambientale "precedentemente non identificata".

La scoperta data dagli studi sul krill

Quanto sta accadendo è stato pubblicato sulla rivista Nature grazie al lavoro svolto da Amanda Dawson della Griffith University. Secondo questo studio i risultati che sono stati riscontrati avrebbero un serio impatto negativo sull'ecosistema. Il tutto partirebbe proprio dal krill, un piccolissimo crostaceo che si trova alla base della catena alimentare degli oceani.

L'importanza che riveste questa piccolissima creatura è fondamentale perché costituendo la base della catena alimentare ritroviamo, indirettamente, tutte le sostanze che sono state ingerite da esso in altre specie marine più grandi, potendo anche arrivare, di conseguenza, sulle nostre tavole e quindi anche a noi.

Quello che però la ricerca ha individuato è che il krill sarebbe in grado di scomporre in parte le microsfere di polietilene (PE) e formare nanoparticelle costituite da questa plastica, cosa che amplifica il problema riguardante l'Inquinamento ambientale e la salute perché minore è la dimensione di una particella e maggiore sarà la possibilità che questa possa interferire con il giusto funzionamento cellulare di un organismo.

La ricerca australiana che si è accorta per prima di questo fenomeno non termina qui. Infatti, dopo aver studiato il krill antartico e visto come attraverso la sua digestione riduce anche del 80-90% la microplastica, adesso la ricerca sta vertendo a scoprire se anche altre specie di zooplancton siano in grado di realizzare questa trasformazione.