La ricerca condotta dal team dell'Imperial College di Londra, guidato da William Rutherford, con la partecipazione dell'italiano Stefano Santabarbara dell'Istituto di Biofisica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Milano, ha rivoluzionato completamente l'idea di fotosintesi clorofilliana legata esclusivamente alla presenza di luce solare, rimescolando le carte in tavola sull'evoluzione del mondo vegetale.
Vegetali sempre al passo con i tempi
Il mondo vegetale, come del resto tutti i viventi, si è sempre dimostrato attentissimo ai cambiamenti, avvalorando sempre più la Teoria Evoluzionistica di Darwin ed evolvendosi di conseguenza per far fronte a pericoli e predatori, e garantirsi la sopravvivenza anche in ambienti più ostili. Basti guardare le varie fotosintesi (C3, C4, Cam) che svolgono i vari organismi in base alle temperature registrate nei loro habitat o anche le modificazioni che hanno assunto (a fusto, foglie, fiori, frutti) per resistere alle intemperie, garantirsi nutrimento, moltiplicarsi e trasportare linfa in tutti i distretti della pianta.
Per i non addetti ai lavori sarà difficile cogliere l'importanza di questa scoperta, pertanto è utile partire dalle basi. Il processo fotosintetico è un meccanismo chimico che si serve di sostanze come Anidride Carbonica (Co2) e Acqua, trasformandole in nutrienti per la pianta (zucchero Glucosio), liberando come sostanza di scarto l'Ossigeno nell'ambiente esterno. C'è da dire che non è un processo spontaneo e che quindi ha bisogno di energia: questa gli viene fornita proprio dalla luce solare che, catturata dalle molecole di clorofilla, viene trasferita come attivatore della reazione, favorendone il suo corso. Questo è il motivo per il quale (almeno fino ad ora) la fotosintesi è considerata un processo "fotodipendente".
La differenza sostanziale
La clorofilla (come gli altri pigmenti implicati nel processo) gioca un ruolo importantissimo nelle reazoni di fotosintesi, dato che la sua struttura chimica le permette di catturare la luce ad una certa lunghezza d'onda (per garantire alla reazione il giusto apporto di energia, non di più, né di meno), affinchè possa avvenire correttamente il processo. La scoperta della Clorofilla F sconvolge la concezione di "molecola che raccoglie luce nel campo del visibile", dato che la sua struttura chimica fa sì che quest'ultima raccolga luce nell'infrarosso e sia capace, quindi, di far avvenire la fotosintesi anche in penombra o addirittura in assenza di luce.
Le applicazioni pratiche
Poiché la luce Ir rappresenta la metà di tutta quella che colpisce la terra ogni giorno, questa clorofilla potrebbe essere utile per il potenziamento di celle fotovoltaiche preesistenti o per lo sviluppo di nuove ed ancora più efficienti, volte a soddisfare il fabbisogno energetico di tutto il pianeta: basti pensare che è stato stimato un assorbimento di energia delle piante durante la fotositesi di circa 100TeraWatt (6 volte quanto consuma l'intera civiltà umana). Anche i microbiologi vedono in questa scoperta qualcosa di estremamente vantaggioso nell'ambito della scoperta di forme di vita extraterresti dato che dove c'è fotosintesi, c'è vita. Luoghi estremamente disabitati ed apparentemente inosptali, potrebbero dimostrarsi invece popolati da organismi che svolgono questo tipo di processo, e non sorprenderebbe quindi vedere lo sviluppo di forme di vita aliene in tali condizioni.