I recenti fenomeni di maltempo di eccezionale entità hanno riacceso il dibattito sull'impatto dell'uomo sui cambiamenti climatici e sull'Ambiente in generale. Si tratta di un argomento controverso, sul quale non c'è parere unanime neanche tra gli esperti. Tuttavia, a rincarare la dose giunge in questi giorni anche il Living Planet Report 2018, il rapporto annuale del WWF sullo stato di salute della popolazione animale del nostro pianeta pubblicato lo scorso 30 ottobre. Il report è giunto alla sua ventesima edizione ed è stato realizzato con la cooperazione della Zoological Society di Londra: i dati raccolti e pubblicati quest'anno sono tutt'altro che incoraggianti e mostrano un calo netto della biodiversità sul nostro pianeta.

Un declino drammatico per la biodiversità

Il tutto è sintetizzato ottimamente da un dato estremamente infelice. Tra il 1970 e il 2014 è andato perduto il 60% della popolazione mondiale di vertebrati, vale a dire ben oltre la metà in meno di mezzo secolo. Nello stesso periodo, "il 20% della superficie delle foreste dell'Amazzonia è scomparsa, mentre gli ambienti marini del mondo hanno perso quasi la metà dei coralli negli ultimi 30 anni", secondo quanto dichiara la presidentessa del WWF Italia Donatella Bianchi. Il danno derivante da una situazione simile è evidente, perché danneggiando gli ecosistemi si danneggiano anche la flora e la fauna locali, con conseguenze destinate a ricadere anche sull'essere umano.

Si tratta di dati sconvolgenti, purtroppo spesso accompagnati da notizie come quella del ritrovamento di 87 carcasse di elefante in Botswana nel settembre scorso.

Il ruolo dell'uomo

Purtroppo, nella graduale scomparsa della biodiversità l'uomo sembra avere un ruolo di primo piano. Dal 1500 ad oggi il 75% delle estinzioni di piante e vertebrati quali mammiferi, uccelli, rettili e anfibi è stato causato principalmente dal sovrsfruttamento dei terreni e dall'agricoltura.

I cambiamenti climatici sono intervenuti solo successivamente ed avrebbero quindi avuto un ruolo secondario, ma questo non è certamente un motivo per tirare un sospiro di sollievo.

E il futuro non sembra promettere di meglio. Infatti, la nostra impronta ecologica, cioè il nostro consumo delle risorse naturali in rapporto alla capacità della Terra di rigenerarle, negli ultimi 50 anni è aumentata addirittura del 190%.

Tradotto, significa che dal nostro pianeta prendiamo molto più di quanto esso sia in grado effettivamente di offrirci. A peggiorare il tutto ci sono anche i dati sulla degradazione dei terreni, in aumento pressoché ovunque e responsabile della potenziale perdita di altre specie.

Risulta dunque d'obbligo un intervento rapido. "Per ottenere risultati è necessario intervenire subito già dalla 14° Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica nel prossimo novembre", conclude Bianchi. Appuntamento a Sharm el-Sheikh (Egitto), quindi, sede della Conferenza dal 17 al 29 novembre.