Il quotidiano americano New York Times getta ombre sul Milan: al centro dell'inchiesta è la situazione economica di Yonghong Li, presidente del club dallo scorso aprile, e delle proprietà indicate nel suo curriculum ufficiale, in particolare il Guizhou Fuquan Group, un gruppo che, in teoria, dovrebbe possedere una delle più importanti riserve minerarie della Cina. Secondo il New York Times, l'impero minerario che Mr. Li dichiarò di possedere ai dirigenti italiani, in realtà, non era particolarmente conosciuto nel settore e il quotidiano pone alcuni dubbi su quali siano le effettive partecipazioni dei proprietari del Milan in questo gruppo.

I giornalisti americani sono andati sul campo per verificare la solidità finanziaria di Yonghong Li, che in questi giorni sta trattando il rifinanziamento del club con fondi americani, e spesso hanno trovato le sedi delle società cinesi vuote o addirittura con avvisi di sfratto.

L'inchiesta del New York Times

L'inchiesta del NYT ha appurato che la Guangdong Lion Asset Management, una società passata di proprietà ben quattro volte negli ultimi due anni, è in realtà la reale possidente della miniera e l'attuale presidente rossonero non avrebbe alcun legame diretto con essa. Uno dei fili conduttori tra il Milan e il gruppo minerario riguarda uno dei precedenti proprietari, Li Shangbing, che durante il periodo del closing appariva come rappresentate legale di una delle tante società che si è occupata dell'acquisto del Milan la scorsa primavera, la Sino-Europe Asset Management.

Contattato telefonicamente dai giornalisti del NYT ha dichiarato di non conoscere Mr. Li, di non aver alcuna quota societaria del Milan. Non è facile, quindi, capire come l'attuale dirigenza rossonera sia realmente legata a tale gruppo dato che il recente passato della miniera è tutt'altro che chiaro: negli ultimi 2 anni è stata venduta ben quattro volte, di cui due per la simbolica cifra di zero euro e tutti gli ultimi proprietari si chiamano "Li", che in ogni modo è un cognome molto diffuso in Cina.

Ma, anche se il Milan non ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali, un portavoce del club ha detto che il controllo del presidente sulla miniera è stato verificato dai legali durante il passaggio di proprietà.

Ombre sul Milan

Nello stesso articolo viene ricordato come il nome della famiglia di Li in Cina non gode di ottima reputazione: lo stesso presidente del Milan venne indagato per aver truffato nel 2004 più di cinquemila persone, insieme al padre e al fratello, per un totale di circa 60 milioni di euro.

I familiari di Yonghong Li vennero condannati alla prigione, lui fu assolto, anche se nell'articolo si legge di una multa di circa 90 mila dollari, che sarebbe però legata a diverse vicende, molto più recenti (2013), per mancata comunicazione di cessione di azioni per un totale di 43 milioni di euro al cambio attuale.

Tutta la bufera mediatica potrebbe influire, come vuole il quotidiano americano, sull'esito del rifinanziamento che il Milan sta trattando in questi giorni con il fondo americano Hps, che porterebbe il club in acque più tranquille evitando gravi sanzioni dalla Uefa e possibili crolli finanziari, spalmando il debito con l'Elliott di 350 milioni invece che in uno (scade a ottobre 2018), in cinque anni.

Dalle prime voci sul closing ad oggi molto è cambiato, ma ancora la nebbia che c'era sui cinesi intenzionati a spendere 860 milioni per comprare un club indebitato non si è del tutto diradata, e questo potrebbe portare ad ulteriori dubbi sui milioni che girano intorno al mondo Milan.