Crimea, un lembo di terra di appena 26 mila km quadrati che si affaccia sul Mar Nero. Una penisola, porto naturale a sud dell'Ucraina, oggi come non mai punto nevralgico del sistema internazionale, terreno su cui viene riproposto lo scontro bipolare tra gli Stati Uniti e la Russia.

I libri di storia riportano con particolare enfasi proprio la guerra di Crimea, combattuta tra il 1854 e il 1856 tra potenze europee e Russia zarista, e non è un caso. Da questo evento bisogna far cominciare la nostra analisi se si vuole capire l'interesse geostrategico che ha assunto negli ultimi 150 anni la penisola.

Fin dalla nascita del Concerto Europeo e dalla diffusione della Rivoluzione Industriale, l'impero zarista ha avuto l'ossessione del controllo degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli: il controllo della Crimea e quindi del Mar Nero avrebbe incrementato la sicurezza con la creazione di una flotta navale pronta a proiettarsi su tutto il Mediterraneo. Sicurezza e commercio. Queste sono le direttrici della geopolitica russa.

Nel secondo dopo guerra, la Crimea venne ceduta da Kruscev all'Ucraina nel 1954: i sovietici tuttavia non rinunciarono a mantenere la propria flotta a Sebastopoli.

Oggi riesplode il caos in questa regione. L'egemonia sul Mar Nero è egemonia sul Mar di Marmara, e dunque sul Mar Mediterraneo, laddove si concentrano le merci che passano per il canale di Suez, a oggi una delle tratte commercialmente più dense e profittevoli del mondo.

Vi è poi il discorso energetico. Il fabbisogno energetico europeo dipende principalmente dalla Russia. La minaccia dell'interruzione delle forniture di gas resta ancora oggi una delle più temibili politiche di deterrenza attuate dal governo Putin nei confronti dell'UE. Un Ucraina filo-europea rivoluzionerebbe gli assetti energetici.

In ultima istanza, il discorso sicurezza. Mosca non ha intenzione di perdere l'Ucraina come stato cuscinetto, cordone ombelicale dalle zone d'influenza europea, né ha intenzione di perdere la propria proiezione di potenza marittima sul Mar Nero e Mediterraneo.

Alla luce di queste considerazioni si possono leggere gli ultimi avvenimenti in Crimea: lo stanziamento di forze di terra russe a Sebastopoli, l'ultimatum della flotta stanziata a largo della penisola diretto a Kiev intimando la resa e le contromisure frammentate, confuse e timide da parte di una Unione Europea ancora una volta incapace di esprimere una politica estera comune.

Per quanto la situazione sia critica, è azzardato ipotizzare uno scontro frontale o addirittura una terza guerra mondiale, sia per la secolare influenza russa sulla regione e il beneplacito di parte della popolazione, sia per l'instabile e fragile struttura politica ucraina sia per i tentennamenti del Consiglio di Sicurezza Onu e dell'Europa.