Per la prima volta, dopo oltre 1700 anni, a Mosul, Iraq, non ci sono più cristiani. I fondamentalisti islamici del califfo al-Baghdadi, dopo aver conquistato la città ad inizio luglio, hanno costretto i cristiani ad andarsene con la forza.
Venerdì scorso era stato lanciato un editto, in base al quale i cristiani dovevano andarsene entro 48 ore o sarebbero stati uccisi. In realtà esisteva una ulteriore possibilità teorica: pagare la "tassa" annua che il Corano impone ai non mussulmani, variabile da 250 ad oltre 1000 euro. Cifre impossibili per famiglie impoverite e stremate dalla guerra.
Le case dei seguaci del "Nazareno" erano state marchiate con la lettera "N", e per tutta domenica gli altoparlanti delle Moschee hanno intimato ai Cristiani di andarsene. E così hanno fatto.
Molti hanno lasciato le chiavi di casa ai vicini, chiedendo di "darci un'occhio", nella speranza di un improbabile ritorno. Sono fuggiti con pochi oggetti personali, "alla frontiera sono stati derubati di tutto, li hanno insultati e li hanno lasciati così: in pieno deserto a camminare" racconta l'arcivescovo latino di Baghdad, Monsignor Sleiman.
Mosul è la terza città dell'Iraq, ed il principale centro commerciale ed industriale del Nord del Paese, con una storia antichissima alle spalle. Mosul infatti è il nome che gli arabi diedero alla capitale assira, l'antica Ninive, citata anche nella Bibbia.
I primi cristiani si insediarono in questa città fin dal II secolo, che divenne sede episcopale nel VI secolo.
Nel medioevo era una città florida per i commerci, trovandosi in posizione strategica lungo le rotte delle carovane tra India, Persia e Mediterraneo. Mosul era inoltre apprezzata in tutta Europa per la bellezza dei suoi tessuti, chiamati appunto "mussolina".
Per tutto l'Ottocento e per buona parte del Novecento riuscirono a convivere a Mosul comunità appartenenti alle religioni più diverse. Accanto ad una maggioranza di arabi, curdi e turcomanni, erano presenti minoranze di ebrei, cristiani (cattolici, protestanti, caldei, armeni, greco-ortodossi, nestoriani, maroniti) e di altre fedi minori.
Gli ebrei presenti in città emigrarono praticamente tutti in Israele negli anni '50.
Oggi, praticamente la città è abitata solo da sunniti. Anche gli sciti, infatti, sono stati costretti ad andarsene; anche le loro case sono state marchiate con la "R", iniziale della parola araba che significa: rinnegati. Ma anche molti sunniti contrari al fanatismo se ne sono andati o pensano di andarsene.
Ma la cacciata dei cristiani e dei mussulmani "non allineati" non è bastata alle truppe del califfo al-Baghdadi: il palazzo episcopale siro-cattolico è stato dato alle fiamme, distruggendo anche tutto il suo prezioso patrimonio di manoscritti e il monastero di san Benham è stato occupato dai terroristi.
I monaci, che solo tre giorni fa confermavano di stare bene, sono stati cacciati da questo monastero risalente al IV secolo che si trova 37 Km a sud di Mosul. Questa notizia risulta allarmante anche perché dimostra che le truppe ribelli si stanno spostando velocemente verso sud, in direzione quindi di Baghdad.
Di questa mattina la notizia che un docente della locale Università di Mosul sarebbe stato ucciso perché si opponeva alle misure persecutorie contri i cristiani. Di certo nessuno si auspica un intervento armato da parte di qualche potenza occidentale, ma la comunità internazionale deve svegliarsi dal suo torpore e porsi almeno il problema di come intervenire, in modo pacifico ma efficace, in questa situazione che rischia di degenerare ben presto in una sanguinosa guerra civile.