Il luogo è la Facoltà di Medicina dell'università La Sapienza di Roma, considerata un'eccellenza dell'alta formazione in Italia; l'occasione, un master in scienze criminologiche organizzato dalla cattedra di psicopatologia forense, il cui titolo è sufficiente ad incutere timore. Quello che non ti aspetti è che ad essere chiamato ad una lezione sulla "gestione del panico" sia chiamato Francesco Schettino, il comandante della Costa Concordia naufragata sugli scogli dell'isola del Giglio, imputato di omicidio colposo plurimo, naufragio e abbandono della nave.

La lectio magistralis del comandante Schettino

Le due ore di lezione, al cospetto di una platea incredula, sono iniziate con la rivendicazione della pertinenza della sua salita in cattedra: "Sono stato chiamato in quanto esperto della materia" ha esordito Schettino, "ho navigato in tutti i mari del mondo e so bene come ci si comporta in determinate situazioni con un equipaggio composto da etnie diverse". La lezione e proseguita con il supporto di una ricostruzione in 3D del naufragio della Concordia che ha consentito a Schettino di ribadire la sua versione secondo la quale il naufragio, nel quale hanno perso la vita 34 persone, è stato "solo un incidente" e che la sua gestione della situazione ha evitato che il bilancio del disastro fosse ancora più grave.

La componente umana nella gestione del panico è stata poi sottolineata con il ricorso alla comparazione con altre tragedie come quella delle Torri Gemelle dove, secondo l'esperto Schettino, si spiega con l'assenza di una gestione del panico il lancio di persone dalle finestre dei grattacieli in fiamme. Scene che non si sono viste durante il naufragio della Concordia.

Al termine della lezione, Schettino è parso particolarmente soddisfatto per aver avuto l'occasione di sostenere la sua versione dei fatti in un contesto così prestigioso, interpretato come un riconoscimento accademico alla correttezza delle sue azioni. Quello che è certo, è che il suo panico il comandante Schettino l'ha gestito egregiamente, scendendo dalla nave per assistere impassibile dagli scogli al suo affondamento e alla disperata fuga di quattromila passeggeri, per poi cambiarsi d'abito e cercare un albergo sull'isola dove andare a dormire. Qualcuno l'ha chiamata "faccia di bronzo", per l'università La Sapienza è "competenza".