Dice di chiamarsi Khadija, ma non è il suo vero nome. Faceva parte dell'esercito femminile dello Stato Islamico, prima di decidere di disertare perché disgustata dalla brutalità che ha contraddistinto i recenti comportamenti da parte dell'Isis. La giovane 25enne rilascia, così, un'intervista esclusiva alla CNN e l'emozione che traspare dalle immagini, benché completamente nascosta dal velo niqab, sono la dimostrazione che si tratta della prima volta che parla della sua esperienza nell'esercito de jihadisti. È cresciuta in Siria in una famiglia che lei stessa definisce "non eccessivamente conservatrice" che le ha garantito un'istruzione e, grazie agli studi, è riuscita a diventare un'insegnante di scuola elementare.

Quando è iniziata la rivolta siriana contro il presidente Bashar al-Assad si è unita nelle proteste pacifiche contro il governo, ma quando sono cominciati i bombardamenti, gli scontri violenti ed i feriti, l'unica cosa che desiderava era allontanarsi da quella tragica situazione. In quello stato di vulnerabilità, ha conosciuto in rete un tunisino che ha iniziato a parlarle dello Stato Islamico, descrivendolo come un gruppo ben lontano dall'idea che tutti avevano di organizzazione terroristica. Poco a poco, lui si è guadagnato la sua fiducia e l'ha convinta e le ha proposto di incontrarsi nella città di Raqqa, dove, grazie all'aiuto di una cugina, è entrata a far parte della Brigata Khansa'a, un organo di polizia di vigilanza dello Stato Islamico che ha il compito di controllare e far rispettare le norme sull'abbigliamento imposto alle donne dalla sharia.

La Brigata è capeggiata dalla comandante Umm Hamza che si occupa dell'addestramento delle 25-30 donne che fanno parte del gruppo. Percepiva uno stipendio di 200 dollari al mese, razioni di cibo e ha dovuto imparare a sparare. Inizialmente, questa nuova esperienza rendeva Khadija più forte che subiva molto il fascino del potere, nonostante la famiglia dimostrasse apertamente preoccupazione nei suoi confronti.

In un secondo momento, però, ha iniziato a rendersi conto di non essere come le sue colleghe, di non appartenere a quel genere di donna e di non condividere quegli atteggiamenti brutali, crocifissioni, violenze e decapitazioni. Ha deciso di lasciare l'Isis, da traditrice, prima che iniziassero i raid aerei americani ed è riuscita ad arrivare in Turchia. Adesso, anche se indossa ancora il velo, sogna di essere la donna che era prima di entrare nell'Isis, una ragazza con l'ambizione di creare una famiglia, disegnare, viaggiare e sentirsi libera.