Gli abitanti della città di Suruc, situata sul confine turco sussultano per le esplosioni che giungono dalla collina della città siriana di Kobane, quasi nelle mani dell'Isis. I turchi stanno assistendo alla caduta di Kobane senza muovere un dito. Eppure hanno visto arrivare quasi 100 mila profughi, come testimoniano molti operatori umanitari in loco. Il 2 ottobre il parlamento turco ha votato una mozione riguardante la questione irachena e siriana, autorizzando il governo a dispiegare le truppe sul confine e a concedere il passaggio ai convogli umanitari stranieri.

In altri termini, la mozione avrebbe ha permesso il dispiegamento dell'esercito turco in territorio siriano al fine di creare una zona "cuscinetto" tra i due paesi, dove sistemare il più di un milione profughi in fuga davanti l'avanzata dell'Isis.

Suruc è già una città militarizzata: sono presenti 60 mila unità di polizia e posti di blocco militari che controllano tutti i veicoli che valicano il confine. Anche l'esercito turco è presente ma solo con qualche mezzo pesante e con il compito di monitorare la situazione. Eppure la Turchia dispone di un potente esercito che si posiziona al secondo posto all'interno dei paesi aderenti alla Nato. Secondo molti analisti, dietro l'inattività turca si celerebbe ancora una volta la questione curda.

Anche la resistenza curda si spiega in tal modo la politica di Ankara.

Se l'Isis fosse costretta ad arretrare di fronte la coalizione occidentale, il Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) potrebbe prendere il controllo di parte della frontiera siriana. Tale possibile evento, di secondaria importanza per Obama, non lo sarebbe per il premier turco Erdogan e per questo avrebbe deciso di procedere in via del tutto autonoma rispetto all'alleanza occidentale.

Secondo Haji Komorgi, membro del partito di sinistra curdo (Hdp): se la Turchia rimanesse inattiva, la pace con i curdi non durerebbe a lungo. Erdogan quindi, secondo i curdi, non vorrebbe la pace, ma così facendo non farebbe altro che aiutare l'Isis. A questa possibile motivazione della politica estera turca nei confronti dell'Isis che si sta avvicinando pericolosamente ai suoi confini, si nasconderebbe, secondo il Times, il tentativo di Ankara di trattare con i miliziani per ottenere il rilascio dei prigionieri.

Secondo il quotidiano inglese, vi sarebbe già stato uno scambio di ostaggi tra Isis e Turchia: 49 diplomatici (46 turchi e 3 iracheni) per 180 Jihadisti (tra cui due britannici). I diplomatici erano stati fatti prigionieri 5 mesi fa quando l'Isis aveva preso la città irakena di Mosul. I due britannici filo -jihadisti sarebbero uno studente di 18 anni Shabazz Suleman e uno di 26 anni, Hisham Folkard, di 26 anni. I nomi erano già trapelati da una lista redatta dal Times e confermata dall'Isis.