Nel nostro Paese sentiamo sempre più parlare di alta velocità, di città distanti centinaia di chilometri raggiungibili in poco tempo grazie a treni superveloci. Investimenti massicci in cose che fanno più effetto, ma che poi, nella pratica quotidiana servono a pochi professionisti, a turisti o quanti devono spostarsi saltuariamente per qualche commissione. Il vero problema è il trasporto pendolare, quello utilizzato da lavoratori e studenti ogni giorni, per raggiungere il proprio luogo di lavoro o l'università e la scuola. Trattasi di una vera nota dolente, tanto per il trasporto su gomma che su quello su ferro.
Anche quest'anno Legambiente si è occupato dello stato di salute del trasporto ferroviario regionale, con il rapporto Campagna pendolaria. Vediamo quali sono le dieci linee più disastrose, in termini di ritardi e soppressioni.
Quasi tutte al centro-sud
Le linee che andrebbero migliorate (e di molto) o che andrebbero evitate, si trovano quasi tutte, manco a dirlo, al Centro-sud: la Roma Termini-Ciampino-Castelli Romani, la Circumflegrea, la Bergamo-Milano, la Siracusa-Ragusa-Gela, la Portogruaro-Venezia. E ancora laCatanzaro-Lido-Lamezia Terme, la Salerno-Potenza e la Campobasso-Isernia-Roma. Poi ci sono le linee soppresse, con la Regione Piemonte in testa a tutte: ben quattordici nell'ultimo triennio, mentre un'altra linea tra Lombardia ed Emilia Romagna pure è stata eliminata: la Cremona-Piacenza.
Il tutto, mentre si continua ad aumentare il biglietto singolo o gli abbonamenti per i poveri bistrattati pendolari.
I tagli
Volendo trarre delle percentuali, occorre dire che l'Abruzzo si pone tra quella più sanguinaria con il ventuno percento delle soppressioni; seguono la Campania e la Sicilia, col diciannove percento.
Prima parlavamo di aumenti del costo del biglietto. Capofila si pone ancora il Piemonte, con un +47%, poi la Ligura col 41% e completano il podio Abruzzo e Umbria, col 25%. Come si può notare, paradossalmente, proprio quelle regioni che più delle altre hanno tagliato.