“Signore mio, dammi la forza di perdonare un’azione così crudele. Andrea dammi il coraggio di affrontare il futuro. Vola alto, ciao grande”. Sono le parole, tristissime e pesanti come un macigno, scritte da Patrizia, la donna che con Andrea Caddori condivideva la vita, e lette durante i funerali che si sono svolti lo scorso pomeriggio ad Arzana. Andrea e suo fratello Roberto infatti sarebbero stati uccisi dal loro zio Peppuccio Doa al termine di una lite nata probabilmente a causa di un’eredità contesa. Anche se gli inquirenti non danno ancora certezze, le indagini sono infatti ancora in corso, dopo le prime testimonianze sono emersi particolari che possono essere considerati agghiaccianti.

Le uniche testimoni presenti al duplice omicidio, infatti, hanno dato versioni differenti della tragedia accaduta mercoledì nella casa di famiglia ad Arzana.

Intanto Peppino Doa è stato dimesso dall’ospedale di Lanusei e, difeso dall’avvocato Pierluigi Concas, è stato trasferito in carcere dove dovrà essere interrogato dal pubblico ministero Nicola Giua Marassi che ha affidato il compito di far chiarezza sul terribile delitto agli uomini del commissariato di Polizia di Lanusei. La messa, celebrata da monsignor Antonello Mura, vescovo della diocesi d’Ogliastra, è stata molto toccante e dai toni forti: “Evitiamo di caricare pistole immateriali – ha detto l’alto prelato – il nostro paese, Arzana, ha già vissuto in passato momenti terribili.

I nostri ragazzi devono pensare e guardare al futuro”:

'Ho chiesto io aiuto a mio fratello'

Maria Doa, la sorella di 91 anni del presunto omicida, sentita dagli inquirenti ha raccontato la sua versione dei fatti. Secondo il racconto dell’anziana, che da tempo è costretta a letto e viene assistita da Bruna Caddori, sorella delle vittime, sarebbe stata lei a chiedere aiuto al fratello quel maledetto mercoledìe lui, molto agitato, si sarebbe presentato in casa dove poi è scoppiata la lite finita in tragedia.

E secondo l’avvocato difensore del presunto omicida non ci sarebbe appuntoun’eredità contesa alla base del delitto ma ben altro. Il giorno del duplice omicidio, infatti, sarebbe stata l’anziana sorella a chiamare Peppino Doa per andare a soccorrerla.

“La donna, reduce da una brutta frattura e costretta a letto – spiega l’avvocato Pierluigi Concas – ha riferito che i fratelli Caddori la maltrattavano.

Anche per costringerla a firmare alcuni documenti. Ed è proprio per questo motivo - spiega il legale – che Peppino Doaquel pomeriggio è andato a casa della donna”. Secondo questa ricostruzione quindi non è vero che l'anziano fratello si fosse presentato a casa in cerca di documenti ma era andato semplicemente a fare una visita alla sorella che le aveva chiesto aiuto durante una telefonata molto concitata. Una versione dei fatti che però sembrerebbe non convince tanto gli investigatori che comunque continuano incessantemente le indagini per riuscire a scoprire come in realtà siano andate le cose.