Come era ovvio che avvenisse, dopo il test missilistico nordcoreano di domenica 12 febbraio, è stato convocato d’urgenza il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Su richiesta di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, l’Onu dovrà varare nuove contromisure nei confronti di Pyongyang che, per l’ennesima volta, ha violato le risoluzioni del Consiglio di sicurezza. Una riunione a porte chiuse.

Tuttavia sembra molto improbabile che la nuova risoluzione Onu possa avere un risultato migliore delle precedenti. Infatti il ministro degli esteri russo, Sergey Lavrov, ha ritenuto il test missilistico nordcoreano l’ennesimo atto di “sprezzante inosservanza” di una risoluzione delle Nazioni Unite da parte del governo di Pyongyang.

Ma ha invitato, tutte le parti, a mantenere la calma e ad astenersi da azioni che potrebbero compromettere, ulteriormente, la difficile situazione in quella regione.

Anche la Cina, che da tempo sta prendendo le distanze, formalmente ma non concretamente, dalla Corea del nord, ha condannato il test e si è detta pronta ad assumere una posizione “responsabile e costruttiva” per difendere la pace e la stabilità.

Prove generali per missili ICBM?

Proprio quello che spera il primo segretario del governo di Tokio, Yoshihide Suga. Infatti, chiede al governo cinese di intervenire con fermezza perché è il solo che possa limitare la spavalderia di Kim Jong-Un. Il Giappone è uno dei paesi principalmente esposti all’escalation di questi esperimenti, perché i missili Musudan hanno la possibilità di trasportare armi nucleari miniaturizzate.

Ma non meno preoccupato è il Comando di stato maggiore congiunto sudcoreano. Secondo gli esperti il missile balistico, a medio raggio, lanciato domenica mattina dalla base aerea di Banghyon, è un Musudan modificato, capace di trasportare una testata nucleare e dotato di combustibile solido. Particolare, quest’ultimo, non da poco perché è lo stesso combustibile utilizzato dai missili intercontinentali o ICBM, che Kim Jong-Un sostiene di avere già sulle rampe di lancio.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, è già stato fatto notare che questo test è il primo dall’insediamento di Trump alla Casa Bianca ma, in pratica, anche la prima aperta provocazione al tycoon. Infatti, nel momento stesso in cui il missile affondava nel mar del Giappone, il premier nipponico Shinzo Abe era ad una cena col presidente americano, in Florida.

Una minaccia per le basi Usa nel Pacifico

Trump ha liquidato l’evento con uno striminzito commento: “Il mondo deve capire che noi sosteniamo al cento per cento il nostro alleato giapponese”. Tuttavia resta un mistero la strategia della Casa Bianca per fermare la follia di Kim Jong-Un. Ma lo potrà essere ancora per poco.

Poi dovrà diventare palese e convincente perché il missile balistico lanciato domenica scorsa, ha percorso solo 500 chilometri, prima di affondare nel mar del Giappone, ma la sua gittata è di 2500-4000 chilometri, quindi, più che sufficiente a colpire la Corea del Sud, il Giappone e le basi statunitensi nel Pacifico fino all’isola Guam.

Intanto, il piccolo Kim sprizza gioia da tutti i pori, felice per il successo del test.

L'agenzia di stampa ufficiale nordcoreana KCNA, ha riferito che il leader era presente al lancio e si è detto soddisfatto per quest’altro “potente strumento di attacco nucleare che rafforza la formidabile potenza del paese".