Nel 1995 pagò un killer per far uccidere il marito da cui era separata da 10 anni, e oggi una sentenza della Corte d’Appello di Milano le riconosce il diritto a un vitalizio da 1,1 milioni di franchi svizzeri l’anno. Sembra assurdo, ma potrebbe davvero succedere a Patrizia Reggiani, la moglie abbandonata di Maurizio Gucci, imprenditore freddato con quattro colpi di pistola a Milano in via Palestro, nell’atrio degli uffici della società Vierse.

L'accordo sottoscritto due anni prima dell'omicidio

La rendita "vita natural durante" a favore della mandante dell'omicidio di Maurizio Gucci deriva da un accordo sottoscritto dai due ex coniugi in Svizzera, due anni prima che l’erede di uno dei brand di moda più famosi al mondo venisse assassinato.

In quell’occasione, infatti, l’imprenditore firmò un documento in cui s’impegnava a corrispondere all’ex moglie 1,1 milioni di franchi svizzeri l’anno. Adesso questa cifra le dovrà essere versata dalle figlie della coppia - uniche eredi del padre - sempre che non decidano di fare ricorso in Cassazione.

Secondo i giudici della Corte d'Appello di Milano, nonostante la sua successiva condotta, la donna avrebbe diritto a quei soldi, in quanto: "Il comportamento penalmente sanzionato di Patrizia Reggiani non ha avuto rilievo sugli accordi con Maurizio Gucci ed è irrilevante. Ogni altra valutazione attiene all’ambito morale e non strettamente giuridico e quindi non influenza l’interpretazione dell’accordo".

La Reggiani dal 2014 lavora per "Bozart", maison milanese del bijoux

Patrizia Reggiani fu incastrata alle sue responsabilità come mandante dell’omicidio dell’ex marito due anni dopo il fatto, e fu condannata a 26 anni di reclusione. Dopo aver scontato 17 anni in carcere, dal giugno 2014 è affidata in prova ai servizi sociali, e da allora lavora per "Bozart", una maison milanese del bijoux nata nel 1956.

Quando in carcere le avevano prospettato l'opportunità di un lavoro al di fuori del penitenziario, la Reggiani, in prima battuta, aveva risposto: "Non ho mai lavorato in vita mia e non intendo cominciare adesso". Successivamente, però, era stata proprio lei a rivolgersi allo storico marchio per assicurarsi il reinserimento sociale.

La richiesta fu prontamente accolta non solo per l'amicizia che la legava alla fondatrice, ma anche perché quello della signora Reggiani era considerato "un name" e per l’azienda poteva rappresentare un "valore aggiunto".

Grazie alla "Bozart", infatti, solo ad un anno di distanza dall'uscita dal carcere di San Vittore, l’ex lady Gucci ha potuto debuttare nella settimana della moda milanese con una collezione di borse da lei firmata, che porta anche il cognome del marito che ha fatto uccidere.