Il Primo Ministro britannico, Theresa May, ha ufficializzato la Brexit dando inizio all’iter che determinerà la formale uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, in accordo con l’art. 50 TUE. Ma il procedimento potrebbe durare due anni, o forse anche di più, e durante questo periodo di transizione la GB dovrà continuare a rispettare le regole imposte dalle istituzioni europee. Le preoccupazioni al riguardo, da entrambi i fronti, non sono poche e nella giornata di ieri, 31 marzo 2017, sono state presentate le linee guida alle quali il Regno Unito dovrà attenersi per poter sperare in un accordo di libero scambio con i Paesi dell’UE, anche dopo la sua uscita.
Il Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, precisa che non vi saranno accordi commerciali separati tra la GB e i singoli Stati membri e che se il Regno Unito vorrà mantenere un libero scambio commerciale con essi dovrà attenersi alle condizioni presentate. Quella che sembra una minaccia è, in realtà, soltanto il primo dei tanti step necessari del primo – e, spera Tusk, anche l’ultimo - “divorzio” europeo. Il prossimo 29 aprile, infatti, i 27 attuali Paesi dell’Unione dovranno approvare il recesso britannico a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo.
Il “via” ai negoziati: la possibilità di un accordo di libero scambio
I negoziati si svolgeranno in due fasi: la prima riguarderà le questioni legali ed economiche.
La Gran Bretagna, infatti, dovrà convertire in leggi nazionali tutte le leggi europee che regolano svariati aspetti della vita economica, lavorativa, commerciale e non solo, che sono ormai in vigore da decenni; oltre a dover regolare tutti gli aspetti economici che muteranno completamente con la sua uscita dall’Unione, per non trovarsi di fronte ad un enorme vuoto legislativo e ad un caos ingovernabile.
La seconda fase, quella che alla GB preme di più, riguarderà le questioni commerciali. Ed è per questa ragione che l’Unione ha voluto porre delle condizioni alle quali i politici britannici dovranno attenersi per ottenere un accordo commerciale di libero scambio: ciò che si vuole è impedire a Londra di scegliere in modo selettivo in quali settori economici europei insediarsi e, di conseguenza, realizzare una concorrenza sleale.
Altro “no” drastico dell’Europa, poi, riguarda lo smantellamento delle regole fiscali, ambientali e lavorative.
Insomma, se la GB è intenzionata ad attuare una hard Brexit, l’Unione Europea non sembra da meno ed ha addirittura stimato una cifra di 60 milioni di euro che Londra deve a Bruxelles come conseguenza del suo recesso. E questo è solo l’inizio.