Cambia la società, mutano le forme di riconoscimento della famiglia e di conseguenza cade anche il mito dell'assegno di divorzio, spettante al coniuge definibile più debole, che in genere è stato sempre ravvisato nel soggetto di sesso femminile.
Le regole
Fino ad oggi, a seguito della cessazione del vincolo, al suddetto coniuge debole, doveva spettare un contributo economico volto a favorire il medesimo tenore di vita goduto fino a quel momento, assieme all'ex coniuge. Ma, i giudici di legittimità, con la recentissima sentenza, sottolineano la natura assistenziale dell'importo dovuto a titolo di assegno.
Con il termine assistenziale, si vuol far riferimento al dovere più morale che giuridico, di far fronte ai soli bisogni primari del coniuge che versi in situazione di debolezza. Tale situazione di debolezza deve coincidere con la mancanza di adeguate e reali risorse per poter far a meno del sostegno economico altrui. Il giudice, pertanto, deve in primo luogo verificare se l'assegno sia realmente dovuto e in caso di esito positivo, può procedere alla quantificazione economica del medesimo, privilegiando sempre una dimensione momentanea di tale misura, fin quando il coniuge bisognoso non si attivi per rendersi autonomo.
Assegno divorzile: come si determina?
Il coniuge che chiede l'assegno deve a tal fine, non solo allegare, bensì provare il suo stato di totale incapacità ad essere o divenire autosufficiente.
Ma, la mera richiesta di assegno non significa che quest'ultima venga inevitabilmente imposta, da parte dell'autorità giudiziaria, in capo al coniuge che ha più disponibilità economica. I criteri per verificarne i requisiti di sussistenza sono plurimi. Si guarda innanzitutto all'età del coniuge richiedente l'assegno, le condizioni di salute, il titolo di studio, il contesto socio-ambientale e l'andamento del mercato lavorativo in quel determinato settore.
Ma, non solo. Si attribuisce importanza anche alla titolarità di beni mobili o immobili. Essere titolari del diritto di proprietà di un immobile, può dunque, portare alla negazione dell'importo periodico economico. Infine, si tiene conto della durata del matrimonio e del contributo apportato da entrambi nella conduzione della vita familiare.
In definitiva, a parere della Corte di Cassazione, appare attualmente superato il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Ragionando in siffatto modo, potrebbe giungersi a rendere legale una fattispecie di arricchimento illecito del cosiddetto coniuge debole, senza tenere in considerazione il presupposto più importante: l'estinzione del rapporto matrimoniale.