Sembra una replica del film “Il padrino”. Ma come spesso capita, la realtà supera di gran lunga la fantasia. Il super boss latitante Matteo Messina Denaro, ricercato numero 1 da ben 24 anni e considerato capo indiscusso della mafia siciliana, non solo è vivo ma potrebbe persino trovarsi in Sicilia da dove, attraverso una rete di fiancheggiatori, dirige con mano ferma le famiglie di Cosa Nostra. Sono 14 i fermi eseguiti stamattina dai carabinieri dei Ros di Mazara nei confronti di alcuni fedelissimi del super boss.

Un blitz all’alba

Le indagini della Procura Distrettuale antimafia di Palermo, continuano a ritmo serrato.

E i risultati non tardano ad arrivare. Stamattina all’alba sono state fermate 14 persone accusate di affiliazione alla rete del super boss Matteo Messina Denaro. Le accuse nei confronti dei fermati vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, dalla ricettazione alla detenzione illegale di armi, il tutto con l’aggravante del metodo e delle finalità di tipo mafioso. L’intento delle forze dell’ordine e della Procura è, naturalmente, quello di arrivare finalmente alla cattura del numero uno di Cosa Nostra, latitante da ben 24 anni. Dal 2009 ad oggi sono 61 i provvedimenti cautelari emessi a carico dei fiancheggiatori del boss mafioso. Il durissimo colpo inferto oggi alla rete di connivenza tra i mafiosi siciliani, riguarda il mandamento di Mazara del Vallo e colpisce in particolare la cosca mafiosa di Mazara, al cui vertice si trova l’uomo d’onore Vincenzo Rallo, fedele esecutore delle direttive imposte dallo stesso Denaro.

Le indagini della procura

L’inchiesta sul clan mazarese, portata avanti dai sostituti procuratori Carlo Manzella, Gianluca di Leo e Pierluigi Padova, ha svelato il modo in cui operava la rete mafiosa nella frazione di Strasatti e nel vicino comune di Petrosino. Sono stati anche individuati gli assetti ordinativi e le gerarchie all’interno della famiglia di Mazara.

Le indagini hanno permesso di accertare che, all’interno del sodalizio tra gli appartenenti alla cosca mafiosa di Marsala, esistevano due sottogruppi di affiliati che si spartivano il potere nel territorio marsalese: uno capeggiato da Nicolò Sfraga, fedelissimo di Vincenzo Rallo, e il secondo da Vincenzo D’Aguanno, rivale di Sfraga.

La guerra intestina tra le due fazioni ha permesso agli inquirenti di rilevare l’intera struttura dell’organizzazione mafiosa, grazie alle intercettazioni delle comunicazioni tra i due capi rivali. Sarebbe stato lo stesso super boss Matteo Messina Denaro a calmare gli animi tra le due "bande", visto che la lotta tra i boss rischiava di finire in un bagno di sangue. Il numero uno di Cosa Nostra, infatti, è intervenuto nel 2015 per pacificare la situazione, minacciando di far fuori entrambi i rivali se non fosse stata rispettata la gerarchia interna alla famiglia di Marsala.

Le disposizioni ai clan del super boss

Le direttive del boss non si discutono mai, pena la morte. È attraverso il capo decina Nicolò Sfraga che Messina Denaro è riuscito, nel 2015, a normalizzare la situazione all’interno delle famiglie mafiose.

Durante una riunione dei clan marsalesi, monitorata dalla forze dell’ordine, Sfraga ha riferito ai propri sottoposti gli ordini del boss, fornendo in tal modo agli inquirenti importanti indizi riguardo alla possibile presenza di Denaro nel territorio trapanese e anche alle dinamiche sul funzionamento di Cosa Nostra.