C'è da stupirsi per due motivi. Il primo è quello di un boss mafioso, l'uomo probabilmente più ricercato nel mondo, che avrebbe libero accesso ai fondi europei destinati alla ricerca. Il secondo è come la notizia sia passata in secondo piano sulla stampa nazionale. Il caso è stato portato alla luce nel corso della prima puntata della nuova stagione di 'Report', andata in onda su Rai 3 lo scorso 27 marzo. L'inchiesta è partita dalla testimonianza di un dipendente del Centro Nazionale Ricerche che avrebbe visto Matteo Messina Denaro davanti la sede di Torretta Capo Granitola, frazione di Campobello di Mazara e, dunque, a pochi chilometri da Castelvetrano, città natale del superlatitante.

Spese pazze e parti oscure

Recentemente, il Cnr è stato al centro di un'inchiesta che ha portato alla luce alcune 'spese pazze' sostenute con fondi destinati alla ricerca. Denaro utilizzato invece per altri fini, come l'acquisto di smartphone, vini pregiati e costosi tappeti persiani e, addirittura, giochi per bambini. Ma tra le tante voci di spesa, anche quelle destinate all'Istituto per l'ambiente marino costiero. Dietro questa operazione ci sarebbero soggetti riconducibili alla 'primula rossa' di Castelvetrano. I fondi del Cnr sarebbero stati dirottati attraverso la presentazione di falsi progetti e relativi contratti, sottoscritti con firme altrettanto false. Una cifra che ammonta ad oltre un miliardo e duecento milioni di euro.

La relativa documentazione è stata raccolta da Laura Giuliano, nipote del capo della squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano, ucciso dalla mafia nel 1979, ed ex direttrice dell'Istituto suddetto nel biennio 2014-2016. A conferma di una mafia che fa sempre meno notizia, l'inchiesta di 'Report' ha avuto pochissimo risalto su altri organi di informazione al pari di altre operazioni condotte contro il patrimonio del boss, come il recente sequestro per oltre 5 milioni di euro subito da due imprenditori di Castelvetrano lo scorso febbraio, entrambi considerati fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro.