Quanto accaduto a Barcellona è agghiacciante, ma anche surreale. La lotta al terrorismo di matrice jihadista è diventata simile, per certi versi, a quella contro la mafia siciliana negli anni '80 e '90, quando il nemico era invisibile ed aveva ampie capacità rigenerative. Non si fa altro che parlare di Isis, quello stesso Stato Islamico sconfitto in Iraq e sull'orlo del collasso anche in Siria. Il sedicente califfo Abu Bakr al-Baghdadi sarebbe morto secondo le fonti dello stesso Stato Islamico, ma lo scorso mese il Pentagono lo avrebbe 'resuscitato'.
Ad ogni modo, può un'organizzazione terroristica assediata e prossima al disfacimento militare organizzare attentanti di questo tipo in territorio europeo? Secondo le fonti dell'antiterrorismo, la cellula che ha agito a Barcellona stava pianificando un attacco ben più rovinoso ai danni della città catalana. Ciò confermerebbe l'ipotesi avanzata da più parti: non c'è mai stato un unico vertice terroristico, le cellule agiscono in modo totalmente slegato ed indipendente. Muoversi sotto il 'marchio Isis' conferisce all'azione una certa autorevolezza, così come avveniva nel primo decennio degli anni 2000 quando il nemico pubblico numero uno era Al-Qaeda. Motivo per cui la presa di Raqqa, in Siria, determinerà soltanto il tramonto dell'Isis inteso come 'nazione abusiva' tra Siria ed Iraq, ma non segnerà la fine di un pericolo che striscia sottotraccia in Rete e trova terreno fertile nelle periferie delle grandi città del vecchio continente, dove parecchi giovani che vivono in situazioni di estremo disagio sociale abbracciano ben volentieri la jihad.
Italia nel mirino
L'Italia finora è l'unica, tra le nazioni 'traino' dell'Europa Occidentale, che non ha subito un attacco terroristico. Un triste destino che accomuna Francia, Germania, Regno Unito, Belgio ed ora anche la Spagna. Secondo Site, il sito di monitoraggio dell'estremismo islamista nel mondo, il Belpaese sarebbe tra i prossimi obiettivi dei terroristi.
La fonte è un canale Telegram, tra i tanti connessi alla rete Isis. Da qui l'allerta in tutto il Paese, dopo la riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal ministro dell'interno, Marco Minniti. A Roma sono stati rafforzati i presidi di sorveglianza in alcuni punti nevralgici, nei pressi delle principali piazze e monumenti dove si pensa di interdire le zone al traffico veicolare onde scongiurare auto o furgoni killer.
Così a Milano, dove sono tenute sotto stretta sorveglianza le aree maggiormente interessate dalla 'movida' meneghina. Medesimi accorgimenti verranno presi a Firenze, Verona e Palermo, oltre alla massima presenza delle forze di polizia fuori e dentro gli stadi, considerato che con l'avvio della stagione calcistica potrebbero diventare facilmente 'obiettivi sensibili'.
Una psicosi made in Italy
Ad onor del vero, sono ormai parecchi mesi che si teme un attentato in Italia, semplicemente 'sfiorata' da eventi che hanno riguardato la lotta al terrorismo. Certe volte si ha quasi l'impressione che il governo italiano rivendichi il proprio contributo (finora estremamente marginale, ndr) in tali operazioni, come nel caso dell'uccisione di Anis Amri, autore della strage di Natale a Berlino, morto sotto i colpi della polizia italiana alla periferia di Milano.
Nella circostanza, l'esecutivo ha dipinto quella che è stata una normale azione di legittima difesa contro un uomo che ha aperto il fuoco contro gli agenti, come un'operazione antiterrorismo. Gli italiani, del resto, sono maestri nell'arte di creare improbabili 'eroi per caso'. In realtà, per quanto strette siano le misure antiterrorismo, spesso si sono rivelate inefficaci in Paesi già colpiti. Questo perché il modus operandi dei killer è svariato, l'unica cosa che accomuna tutti gli attentati è il punto scelto, generalmente caratterizzato una folta presenza di persone. A creare un ulteriore problema è la psicosi delle persone e quanto accaduto a Torino, in occasione della trasmissione sul maxischermo della finale di Champions League lo scorso giugno, è indicativo su quanto sia enorme la paura della gente in Italia.
Un'attesa infinita
Così l'Italia rafforza la difese per un qualcosa che certamente arriverà. Non si sa quando e come, ma accadrà. Questo l'atteggiamento del governo Gentiloni che sembra del tutto simile a quello del contingente militare che difendeva la Fortezza Bastiani, dipinto dal genio di Dino Buzzati ne 'Il deserto dei Tartari'. Ciò trasmette all'opinione pubblica paura e diffidenza nei confronti di chiunque possa rappresentare un papabile terrorista, semplicemente perché straniero e musulmano. Non c'è alcuna connessione, ad esempio, tra le azioni dei terroristi ed il problema dell'immigrazione, eppure molta gente ha unito le due cose e le alimenta con una sorta di propaganda dell'odio che, a pensarci bene, non è diversa da quella dell'Isis.
Le cellule italiane
Oltretutto vengono teorizzati fantasiosi accordi tra i terroristi e le organizzazioni criminali italiane che, finora, avrebbero scongiurato gli attentati nel Belpaese. Sconcertante come questa tesi evidenzi un problema culturale ancora presente nel nostro Paese, quello di organizzazioni come la mafia, la camorra o la 'ndrangheta che possano in qualche modo ‘proteggere’ i cittadini. In realtà in territorio italiano sono presenti numerose cellule jihadiste che si ispirano all'Isis, ci sono state parecchie operazioni di polizia che le hanno portate alla luce, ma sono isolate, improvvisate e disorganizzate e non sono mai state in grado di colpire. L'Italia, al contrario, è stato un Paese di transito per molti terroristi, una sorta di 'porto franco' dove trovare rifugio e dal quale spostarsi indisturbati in altre nazioni.
Forse è questo il vero motivo che ha spinto le organizzazioni jihadiste a non agitare più di tanto le acque. A proposito di acque, riteniamo perfettamente inutile spiegare a molte persone che questi soggetti non si spostano sui barconi e che un'organizzazione terroristica non spende tempo e denaro per addestrare 'soldati' e fargli poi rischiare la vita nei 'viaggi della speranza'. Il concetto è piuttosto logico, ma la logica dell'italiano medio ormai ci lascia sempre più perplessi.