In islanda gli screening prenatale, i quali consentono di vedere la formazione genetica del feto durante la gravidanza, sono stati introdotti all’inizio del nuovo secolo, il 2000. Questi test non sono ovviamente obbligatori, ma circa l’80-85% delle donne scelgono di sottoporvisi e, secondo i risultati dell’ospedale universitario di Reykjavik, il 100% di queste ultime decidono di abortire nel caso di una risposta positiva alla sindrome di Down. Nel caso in cui la gravidanza sia già arrivata alla metà o più del proprio percorso, non insorge alcun tipo di problema: in Islanda, infatti, è stabilito dalla legge che si possa abortire anche dopo le sedici settimane nel caso in cui il feto abbia anomalie.
L’islanda è l’unico Paese in cui viene praticato in modo così consistente l’aborto?
I risultati sulla popolazione con la sindrome di down in Islanda sono stati confrontati con quelli di altri territori, come gli Stati Uniti, la Francia, il Regno Unito e la Danimarca. In questi ultimi due Paesi, in particolare, il tasso di aborto in caso di sindrome di down è rispettivamente del 90% e del 98%. Questi dati comprendono quasi tutta la popolazione, eppure la bufera mediatica si è scatenata sull’Islanda, in modo grossolano. Il territorio islandese, infatti, è certamente più piccolo dei precedenti: una popolazione di circa 330 mila persone contro i 64,5 milioni e i 5,707,251 abitanti inglesi e danesi.
Inoltre i test prenatale che vengono principalmente svolti non garantiscono la massima accuratezza: essi sono precisi solo nell’85-90 per cento dei casi (quindi vi è il 15% di non riconoscimento dell’anomalia) ed il 2,5% dei risultati è un falso positivo. Affermare che in Islanda non nascono più bambini con la sindrome di down è dunque inesatto, come conferma Hulda Hjartardottir, a capo del reparto deputato alle diagnosi prenatale dell’ospedale di Reykiavik, nel quale nasce il 70% della popolazione.
Vi sono addirittura Paesi che praticano l’aborto dei feti con sindrome di down in misura molto maggiore!E’ un bene ricordare, oltretutto, che il governo non è implicato in alcun modo nell’interruzione delle gravidanze: il compito dei test prenatali è solo quelli di fornire ai genitori maggiore consapevolezza riguardo la loro futura scelta e la responsabilità che ne deriva; per esempio negli anni ’80 una persona con la sindrome di down aveva un’aspettativa di vita di 25 anni, oggi essa si è alzata ai circa 60 anni.
Helga Sol Olafsdottil esprime supporto alle madri che hanno ricevuto un risultato positivi, e afferma: "Parlo loro prima che prendano la decisione se concludere o continuare la gravidanza. Questa è la tua vita e tu hai il diritto di scegliere come sarà la tua vita. Pensiamo all’aborto come a qualcosa che ponga fine a quelle che potrebbe grandi difficoltà, prevenendo sofferenza per il bambino e la famiglia".