Secondo una notizia riportata dal Financial Times, la Levi Strauss, nota casa produttrice che ha introdotto i blue jeans circa un secolo fa, avrebbe lanciato una nuova tecnologia nell'ambito della riorganizzazione dei processi produttivi. Gli operai potrebbero essere sostituiti da un nuovo macchinario laser, in grado di bucare, sfilacciare e scolorire il tessuto dei jeans per ottenere il cosiddetto effetto “vintage”. L'innovazione risiederebbe nella velocità della prestazione: la caratteristica dei jeans verrebbe prodotta in 90 secondi, contro i 7/8 minuti impiegati dai dipendenti.
La compagnia ha tenuto a precisare che per il momento non provvederà al taglio della manodopera, preferendo una riorganizzazione del lavoro in altri settori. Al di là di tutto, si tratta di una rassicurazione temporanea, che non lascia presagire una soluzione definitiva alla questione.
La tecnologia potrebbe sostituire completamente le mansioni dell'uomo?
Albert Einstein affermava: "un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno". Al di là dell'interpretazione semplice e letterale del testo, questa frase assume una valenza importante: l'uomo non potrà mai sostituire sé stesso con un automa. Ciò nonostante l'essere umano, per qualche incomprensibile ragione, tenta quotidianamente di costruire intelligenze artificiali in grado di superare le abilità umane.
Difficile comprendere se si tratti di semplice masochismo o di una volontà umana di trascendere il sé attraverso il miglioramento delle tecnologie, che secondo Mc Luhan, noto studioso dei media, sono un'appendice del nostro essere. Erich Fromm, sociologo e psicologo tedesco, sosteneva che la civiltà sta producendo macchine che si comportano come uomini e uomini che si comportano come macchine.
Di fatto, senza negare l'importanza della scienza e della tecnica nel miglioramento delle condizioni di vita, l'essere umano ha sviluppato una particolare attenzione per il feticcio della tecnologia, giungendo quasi a immedesimarsi nella freddezza emotiva che contraddistingue il campo di quest'ultima. In sintesi, contano l'efficienza, il risparmio e l'utilità pratica, non le risorse umane.
Le conseguenze di questa filosofia sono visibili ovunque, soprattutto nella dimensione aziendale globale. Il fenomeno della robotizzazione dei processi produttivi espelle la manodopera umana, il più delle volte sfruttata e sottopagata. Un altro caso eclatante è avvenuto nell'anno appena trascorso e riguarda una nota azienda italiana produttrice di cioccolatini, la quale ha impiegato nuovi robot per la produzione di questi ultimi, annunciando il licenziamento di 340 dipendenti. Potrebbero essere annoverati molti altri esempi a dimostrazione di questo processo, tuttavia non potrà mai avvenire una sostituzione totale della manodopera. In primo luogo, un robot necessita di una continua manutenzione e, sebbene si inventasse una tecnologia in grado di svolgere questo compito, quest'ultima necessiterebbe a sua volta di un controllo "intelligente", dunque umano.
Da qui potrebbero nascere una serie dii professioni preposte allo scopo.
"Lavorare tutti e lavorare meno". La politica può utilizzare la robotizzazione per creare occupazione per tutti e un orario lavorativo ridotto?
E' un antico slogan che risale agli anni '70, quando le lotte sindacali in Europa raggiungevano picchi di scontro politico notevole. Eppure, tutt'oggi vi sono molte discussioni in atto, ma anche esperimenti riformisti, specialmente nei paesi del Nord Europa e in Nuova Zelanda. Anche in Italia, la giurisprudenza si sta interrogando sulla fattibilità di questa ipotesi. In Emilia Romagna, si discute di una proposta del giurista e consigliere Piergiovanni Alleva, il quale intende approvare una legge regionale che, attraverso i contratti di “solidarietà espansiva”, applichi il vecchio motto, convertendolo in una soluzione favorevole per il mondo occupazionale.
Riducendo la settimana lavorativa da cinque a quattro giorni, si verrebbe a creare, secondo Alleva, un nuovo posto per ogni quattro dipendenti. E' una proposta che si avvicina molto al pensiero dell'economista e docente emerito presso l'Università di Parigi Serge Latouche, teorico della decrescita serena e di uno sviluppo armonico nel rapporto fra lo sviluppo industriale e lavorativo e il benessere sociale. Quest'ultimo ritiene, infatti, che "lavorando tutti e lavorando meno" si possa aumentare la possibilità dei cittadini nella spesa e nel consumo, alimentando virtuosamente il circuito economico. . Del resto, la proposta di Alleva è altamente economica nei costi: il contributo regionale per agevolare il meccanismo, non sarebbe così pesante e non si ridurrebbe agli sprechi usuali di denaro pubblico.
La scienza e la tecnica sono state utilizzare per aiutare l'uomo, ma considerando la deriva tecnicista in tutti i campi, si può parlare di una 'fine dell'antropo-centrismo' culturale e tecnologico?
Potremmo recuperare la citazione di Erich Fromm rievocata poche righe addietro per rispondere a questa domanda, ma sarebbe scontato. Si parla spesso di alienazione umana rispetto alle tecnologie, tema al centro della speculazione filosofica di Zygmunt Bauman, il quale criticava il loro utilizzo a fini commerciali. Tant'è che quest'ultimo in 'Amore liquido' parlava di consumismo, spesso divulgato e promosso attraverso la tecnologia, incline a penetrare nella sfera intima e dell'emotività umana, dallo spot pubblicitario per la promozione del condom alla strumentalizzazione del corpo femminile ai fini di una maggiore attrattiva commerciale dei prodotti.
Per quanto l'essere umano tenda a mitizzare le proprie merci, l'attenzione non sarà mai rimossa dalla soddisfazione egoica, dunque dall'uomo come meta di godimento dei prodotti. Perfino il pubblicitario o il manager di una grande multinazionale desidererebbe lasciare un mondo di consumatori moderatamente consapevoli, ma influenzabili.