Recentemente diversi media statunitensi e inglesi hanno riportato la testimonianza di una donna statunitense che vive a Raqqua ed è stata moglie di un foreign fighter dello Stato Islamico di origine marocchina, morto in battaglia nel 2017. Come riportato da un articolo pubblicato sul sito web del Daily Mail e di altri media internazionali, come la PBC e la BBC, la donna si chiama Sam El Hassani e ora vive sotto custodia curda.

La rivelazione di Sam: 'Mio marito aveva delle schiave sessuali'

Durante l'intervista fatta nell'ambito di un documentario prodotto per 'PBS Frontline' e 'BBC Panorama', la donna ha parlato della sua vita sentimentale con l'ex marito, sia negli Stati Uniti che in Siria a seguito dell'arruolamento nell'ISIS dello stesso uomo nordafricano.

Andando maggiormente nello specifico, Sam El Hassani ha dichiarato che il marito aveva due schiave sessuali di etnia Yazidi e che spesso le violentava. Secondo quanto riportano diversi analisti ed opinionisti, tale 'schiavismo sessuale' nei confronti delle donne 'infedeli' era considerato pratica comune nei territori conquistati dai miliziani dell'ISIS.

Il marito jihadista: 'Odio l'occidente e Trump, è un burattino degli ebrei'

Stando sempre a quanto sostenuto nell'intervista e ripreso nell'articolo del Daily Mail, il defunto marito jihadista della donna aveva minacciato attacchi terroristici all'Occidente. Oltre a ciò, lo stesso uomo di origine marocchina aveva attaccato l'attuale presidente degli Stati Uniti D'America Donald Trump, dichiarando che fosse un 'pupazzo degli ebrei'.

Inoltre, la donna statunitense ha segnalato che uno dei suoi figli più grandi è stato anche utilizzato dalla propaganda dell'autoproclamato Califfato ed è stato ripreso in un video prodotto dall'ISIS nella stessa Raqqua, che prima della 'conquista curda' era la città più importante dello Stato Islamico retto dal 'califfo' Abu Bakr al-Bagdhadi.

Oltre a ciò, c'è da ricordare che la stessa donna e i suoi quattro figli sono stati 'catturati' dalle forze curde finanziate dagli USA e la stessa intervista realizzata per il documentario della Frontline e della BBC è stata fatta sotto la supervisione di una delle guardie curde.

La famiglia di Sam vorrebbe che tornasse a vivere negli Stati Uniti, ma nello stesso documentario anche sua sorella ha riconosciuto che lei preferisce rimanere in Siria, sotto la prigionia curda.