Una nuova, possibile piaga sta per affliggere la specie umana. E secondo gli studiosi, sarebbe paragonabile all'epidemia di peste nera che colpì l'Europa nel XIV secolo. Tra vari consigli e ricerche accademiche, vi è però un barlume di speranza. Cosa è più giusto fare per la prevenzione di malattie virali?

Previsioni drammatiche

OMS: 'Mezzo milione di infezioni resistono agli antibiotici, nel 2025 i morti saliranno a un milione l’anno solamente in Europa'. Queste sono le prime spaventose dichiarazioni fatte dall’organizzazione mondiale della sanità nel febbraio 2018.

È stata resa nota la lista contenente i batteri più resistenti agli antibiotici nella quale sono presenti anche batteri che normalmente alloggiano nel nostro organismo senza causare problemi (detti anche comunemente ‘commensali’) ma che a causa dell’uso smodato di antibiotici per difendersi da malattie infettive, hanno sviluppato forme patogene e molto resistenti alle cure mediche.

La resistenza è dovuta ad un sistema di comunicazione (definito microbiologicamente ‘quorum sensing’) dei batteri al fine di coordinare le proprie azioni ed incrementare le proprie possibilità di sopravvivere. Il risultato che ne deriva può essere rappresentato da un incremento della virulenza, dalla formazione di un biofilm e dalla sporulazione di essi.

Soluzione in vista

La strada adesso da intraprendere secondo Venkatraman Ramakrishnan, dell’università britannica di Cambridge, che si trova in questi giorni a Napoli per ritirare il premio Capo d’Orlando del Museo Mineralogico Campano-Fondazione Discepolo, è l’identificazione molecolare del ‘nemico’ col fine di agire specificatamente contro i suoi punti deboli.

Il ricercatore, che ha vinto il premio Nobel per la chimica nel 2009, dedicò molto tempo sullo studio dei ribosomi batterici, i quali sono una perfetta ‘macchina’ che produce proteine, al fine di migliorare l’azione dei farmaci e combattere l’antibiotico-resistenza. 'Molti antibiotici agiscono legandosi al ribosoma e conoscendo il punto esatto in cui si legano possiamo progettarli in grado di legarsi in modo specifico in ogni tipo di batterio' ha detto Ramakrishnan all’Ansa.

La medicina futura, dunque, è sempre più improntata verso la terapia individuale e sul minimizzare l’uso di farmaci. È necessario, tuttavia, che tutte le persone siano prudenti nell’utilizzarli, limitare antibiotici ad ampio spettro, e che applichino le adeguate procedure igieniche per non commettere gli stessi errori fatti in questi ultimi anni.