Nuovi particolari sconvolgenti emergono dalle note di riepilogo dei carabinieri a proposito delle indagini sulla morte di Andrea La Rosa, l’ex calciatore assassinato a Milano nella notte tra il 14 e il 15 novembre 2017. Al contrario di quanto si credeva inizialmente, non sarebbe deceduto per le ferite provocategli da Raffaele Rullo e dalla madre di lui, Antonietta Biancaniello. Infatti l’uomo sarebbe stato rinchiuso ancora vivo nel bidone in cui, un mese dopo l'omicidio, sono stati ritrovati i suoi resti. Secondo la perizia legale il decesso sarebbe arrivato per soffocamento, in seguito all’azione combinata di due fattori: l’inalazione dei vapori dell’acido che gli assassini avrebbero gettato sul corpo, subito dopo averlo tramortito, e la mancanza d’aria all’interno del fusto.

La ricostruzione dell’ultima notte di Andrea La Rosa

Gli inquirenti hanno ricostruito l’ultima notte della vittima, caduta in un tranello. Rullo aveva invitato il suo conoscente nell’appartamento in via Cogne, con la scusa di presentargli la madre. Durante l’incontro i due sarebbero riusciti a far assumere in qualche modo all’ex calciatore delle sostanze narcotizzanti, in una dose capace di stordirlo. A quel punto lo avrebbero trascinato fino alla cantina del condominio, dove lo avrebbero infilato nel bidone, versandogli addosso diversi flaconi di acido e sigillando il contenitore con del nastro adesivo. Lì il 35enne sarebbe morto soffocato, mentre la ferita sul collo, che inizialmente era stata ritenuta la causa decesso, non sarebbe stata letale.

Quello stesso bidone è stato scoperto nell’automobile della Biancaniello il 14 dicembre; quel giorno la donna si stava recando nel box del figlio, con l'intento di eliminare i resti della vittima utilizzando altri 24 flaconi di acido.

Il movente del delitto: un debito di 30mila euro

I carabinieri hanno individuato anche il movente del delitto: un debito di 30mila euro di Rullo nei confronti dell’ex calciatore.

Inoltre l’uomo era venuto a conoscenza di una serie di truffe ai danni di diverse assicurazioni di auto compiute dal suo debitore e dalla madre. Un crimine premeditato, forse portato a termine con la complicità di un’altra persona, accusata di favoreggiamento. Si tratta del 72enne Sante Cascella, proprietario della rimessa in cui è stato conservato per una decina di giorni il fusto con le spoglie di La Rosa.

Ma non basta: nel corso delle indagini sono emerse nuove gravi ipotesi di reato contro Raffaele Rullo. Infatti lo scorso 5 ottobre l’uomo avrebbe provato ad uccidere la moglie, simulando un suicidio, per poi riscuotere l’assicurazione sulla vita di ben 150mila euro, che le aveva fatto sottoscrivere pochi mesi prima. Secondo il racconto del marito e della suocera, ancora una volta complice del figlio, la donna si sarebbe tagliata le vene dopo aver assunto benzodiazepine. La signora però non ricordava nulla del suo tentativo di togliersi la vita: questo ha destato sospetti. I carabinieri hanno infatti scoperto che solo poche ore prima dello strano gesto della moglie, l’uomo navigava sui motori di ricerca di Internet per comprendere meglio alcuni termini tecnici del contratto di assicurazione che aveva stipulato.